Violenza, crudeltà e fanatismo. Il video di un cane torturato fa sempre sensazionalismo. Vicende che indignano e sollevano dibattiti e questioni riguardanti l’insaprimento delle pene, associati ai profili psicologici di chi maltratta o uccide un animale. In base a diversi studi, serial killer e persone socialmente pericolose hanno maltrattato e torturato animali fin dall’infanzia. Elementi che hanno tralaltro portato l’Fbi ad elevare alla categoria di “crimine efferrato” i maltrattori di animali in modo da creare un arichivio e monitorarli come “pericolosità sociale”. Alla luce di questo, le leggi sui reati di maltrattamento in molti paesi sono ancora piuttosto blande. Chi uccide un animale, ad esempio in Italia, difficilmente sconta la condanna in carcere.
Non solo lo hanno letago ad un albero e lo hanno uccciso a colpi di bastonate, infligendogli una sofferenza senza pari. Hanno anche filmato tutto quanto un po’ come per vantarsi di un trofeo. Una crudeltà aggravata dalla leggerezza con la quale quattro giovani ragazzi di vent’anni hanno poi pubblicato il video in rete. La condanna dell’opinione pubblica fu unanime e nonostante ciò c’è chi nel paese di Sangineto aveva difeso quel gesto.
A distanza di un anno i quattro ragazzi , Giuseppe Liparoto, Nicholas Fusaro e i due fratelli Francesco e Luca Bonanata sono stati condannati per crudeltà sugli animali. Due giovani sono stati condannati a 16 mesi con la sospensione della pena perché non erano gli autori materiali dell’uccisione ma hanno assistito alla vicenda senza impedirla. Gli altri due hanno visto la pena detentiva trasmutata in lavori socialmente utili. Una sentenza che non ha di certo reso giustizia al povero animale.
Fin da subito, il piccolo paesino calabro si è diviso tra chi sosteneva con omertà la posizione dei ragazzi e chi li ha criticati. Il programma Le Iene riservò diversi servizi di approfondimento sul tema, riuscendo ad intervistare i due ragazzi che avevano semplicemente assistito alla scena. Sono trascorsi due anni da quel crudele giorno. A distanza di tempo, si sono verificate molte altre vicende simili di tortura e uccisione di un animale. Ad Agrigento in questi giorni è stato trovato un altro povero cane vittima di crudeltà. Il povero animale è stato impiccato. Alla luce di questi nuovi avvenimenti, lricordiamo il pentimento di due ragazzi che hanno partecipato alla condanna di Angelo. Le Iene tornarono ad intervistare i due ragazzi che avevano assistito alla tortura di Angelo senza fermare l’orrore.
“Non c’è giorno che non mi alzo e non penso a questa cosa”, ha dichiarato Giuseppe, ricordando il giorno in cui è stato trascinato in tutta la vicenda. A fomentare il gruppo di amici, sarebbe stato Nicholas sostenendo che “questo cane mi ha ammazzato le pecore”.
Giuseppe ha spiegato che angelo è stato ucciso per vendetta e non per divertimento. Tuttavia, ci si chiede perché aver inflitto quella sofferenza, torturandolo in quel modo: “Purtroppo non ho avuto la forza di dire Che stiamo facendo? Chiedo scusa per il dolore che ho potuto provocare, mi mortifica troppo parlare di questo”, ha aggiunto Giuseppe.
Anche Nicholas, il secondo ragazzo che ha assistito alla tortura, sarebbe pentito di ciò che ha fatto: “La vita di un cane può valere una vita umana, ma ero incuriosito e mi vergognavo ad andarmene”.
Sono vicende all’ordine del giorno che spesso vengono dimenticate e passano in secondo piano. Un violenza diffusa non solo in aree periferiche. I cani sono vittime di retaggi di una consuetudine barbara quella di disfarsi di un animale inutile o pericoloso per il bestiame nelle campagne. Cucciolate affogate, sotterrate o addirittura prese a bastonaete. Creature scomode delle quali liberarsi nel modo più veloce e meno costoso. La banalizzazione della violenza porta a rendere meno gravi alcuni gesti. In alcuni casi, come nei macelli o in alcuni allevamenti, si può parlare anche di un tipo di violenza istituzionalizzata.
La violenza porta alla violenza, così come la rabbia porta alla rabbia. Non contano solo le condanne e i pentimenti. I casi di cani torturati e uccisi dovrebbero invece far riflettere su come intervenire sul piano sociale, appellandosi alla coscienza individuale. Purtroppo, spesso le istituzioni sono assenti e questo tipo di fenomeno non viene monitorato. Pene più severe, condanne da scontare ma anche sensibilizzazione dentro le scuole e nei comuni per portare ad un cambiamento e insegnare il rispetto nei riguardi degli animali.
C.D.
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