“L’asino va picchiato, perché non può picchiar lui; e s’ei potesse picchiare, ci pesterebbe sotto i piedi e ci strapperebbe la carne a morsi”, usava dire Rosso Malpelo, il protagonista della novella di Giovanni Verga, quando parlava degli asini utilizzati nella cava per trasportare i materiali. Animali sfruttati fino alla morte, maltrattati e lasciati soli in un crepaccio, divorati dai cani, mentre danno l’ultimo respiro.
Tradizioni arcaiche di una cultura che appartiene ad alcune realtà sociali emarginate dove la vita di un animale è necessaria solo per un’utilità. Animali morti di stenti, vittime di violenze di individui incuranti e indifferenti alle loro sofferenze. Si tratta di un’epoca, quella dell’Ottocento che pare lontana dal nostro quotidiano. Eppure, ancora oggi, quella mentalità permane in molte aree periferiche e isolate del nostro paese.
E’ quanto documenta un video, condiviso dal Partito Animalista (PPA) nel quale si vede un pastore che scaglia con violenza un agnello a terra, mentre bestemmia e inveisce con parolacce e con il bastone se la prende con un altro esemplare al quale riserva lo stesso trattamento. Tutto attorno, gli animali sembrano terrorizzati e tendono a disperdersi, come per fuggire all’ira del pastore, mentre i cani tentano di mantenere unito il gregge.
Sono immagini recenti, girate di nascosto nella zona del passo di Crocedomini, valico alpino situato nella provincia di Brescia. Un filmato inquietante che mostra uno dei tanti volti dei retaggi di vecchie tradizioni in cui non vi è il rispetto degli animali, come sempre vittime delle frustrazioni di individui che non meriterebbero di essere a contatto con loro. Fatti all’ordine del giorno e che spesso restano nel silenzio o vengono ignorati perché si tratta di una consuetudine appartenente ad antichi costumi.
Il presidente del PPA, Fabrizio Catelli, ha invece voluto denunciare l’ennesimo caso di maltrattamento: “Ancora una volta il passo di Crocedomini è teatro di maltrattamenti nei confronti di bestiole che nessuna colpa hanno se non quella di non comportarsi come il pastore vorrebbe. Testimoni ci hanno spiegato che in precedenza la scena era stata ancor più violenta. Il Partito Protezione animali si chiede il perché di tutto questo accanimento. Siamo coscienti della durezza della vita in montagna, ma questo non deve dare la possibilità a coloro che vivono nelle malghe di disumanizzarsi. Nemmeno gli animali si comportano così con gli animali”, ha dichiarato Catelli, ricordando il caso in cui due anni fa, un cane da pastore venne ucciso a bastonate e per il quale il PPA si è costituito parte civile nel processo.
“La crudeltà torna al passo di Crocedomini, anche se non è nostra intenzione colpevolizzare quel signore che vogliamo pensare estraneo ai fatti, né tanti altri pastori che ben svolgono il loro lavoro. Non accusiamo nemmeno i brenesi. Il gregge potrebbe arrivare da ovunque. Due anni fa, però, avevamo chiesto incontri per spiegare a chi lavora in montagna le norme deontologiche di lavoro con gli animali. Non ci hanno mai dato retta. Ora assistiamo ad un nuovo triste episodio frutto di un retaggio culturale antico. Noi riteniamo che chi agisce così possa cambiare se gli viene spiegato che sbaglia”, ha commento il presidente del PPA, invitando a creare una campagna di sensibilizzazione.
Purtroppo, sia in questi contesti come nei macelli, come è stato documentato da numerose inchieste, si rivela tutta la crudeltà umana: questi animali vengono maneggiati con violenza e indifferenza, senza tenere conto delle loro sofferenze e se vengono feriti nelle varie tappe della produzione, perché tanto sono destinati al consumo umano e se hanno una zampa rotta cosa cambia?
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