Sempre il Sud teatro dell’ignoranza e della cattiveria delle persone nei riguardi degli animali. Sono in molte le persone che criticano il fatto di riportare notizie di questo tipo, di orrori perpetrati per timore di emulazione, ma ci sono persone in prima linea, lasciate sole a loro stesse che si battono contro i mulini al vento ogni giorno per difendere gli animali, quelli abbandonati, randagi, maltrattati che tutti cacciano, senza preoccuparsi minimamente della loro sofferenza e dolore: “Tanto è solo un cane”, commenterebbero i paesani che hanno difeso i quattro ragazzi che, a Sangineto, hanno ucciso vigliaccamente, prendendo a bastonate, un povero randagio chiamato “Angelo”.
Terre di vecchie tradizioni in cui la cultura e la sensibilità verso gli animali è assente, permeate di un malessere sociale in cui regnano realtà arcaiche e malavitose dove vigono i principi di omertà e di ritorsione per cui ci rimettono sempre loro, i più indifesi.
Territori in cui sono assenti le istituzioni che arrancano di fronte ad un sistema complesso di gestione dei beni pubblici, limitate da chi vuole semplicemente speculare e che come un ragno che tessa la tela, s’infiltra nelle amministrazioni o corrompe ufficiali pubblici per i propri interessi. Questo si riflette nella cultura di ogni singolo individuo permeata dalla mancanza di rispetto sia di fronte alle persone che di conseguenza nei confronti degli animali, abbandonati, abusati o utilizzati per il giro di scommesse illegali, come nei combattimenti. A conferma di questa tesi, basta consultare le pagine social o di gruppi di volontari come Pelosi nel cuore e l’evento promosso dagli stessi volontari per denunciare la realtà che affrontano quotidianamente quella della “Strage degli innocenti“.
In questo scenario, nel mirino della cronaca torna l’associazione Tara Green World con sede a Francofonte in provincia di Siracusa dove nel mese di giugno qualcuno che conosceva gli orari dei volontari, ha introdotto dei cani, probabilmente da combattimento, che hanno fatto una strage di cuccioli salvati da pochi giorni dagli animalisti. L’immagine del bagno di sangue all’interno della struttura ha sconvolto chi si era prodigato ad aiutare quei cuccioli, scene agghiaccianti alle quali nessuno potrebbe assuefarsi o restare indifferente.
Purtroppo la Tara Green World è stata di nuovo colpita da chi, forse, è infastidito dalla presenza dei cani, dall’attività dell’associazione o che ha interessi locali. Con un post pubblicato sul profilo Facebook dell’associazione, riportato anche da Geapress, i volontari comunicano il ritrovamento di un cane, salvato da maltrattamenti che era all’interno del rifugio, morto con un foro sul torace. Il povero animale era stato fatto uscire dal box per essere poi vigliaccamente ucciso e sul quale quel qualcuno senza scrupoli si è accanito rimuovendo gli organi interni. Il veterinario che ha controllato la carcassa dell’animale, sconcertato ha commentato che “non ho mai visto una cosa simile, sembra un’esecuzione“.
Ovviamente è stata presentata una denuncia al locale Comando Stazione dei Carabinieri.
I volontari hanno ricordato che all’interno del rifugio sono accolti cani randagi, di proprietà comunale, salvati da maltrattamenti e accuditi, sfamati e curati dai volontari. Un servizio alla comunità che ogni giorno forniscono cittadini comuni, mossi dal sentimento di compassione. Purtroppo, affermano i volontari “ci troviamo quasi ogni giorno davanti a cani sbranati, morti di stenti, abbandonati ai limiti della sopravvivenza, avvelenati e massacrati totalmente”.
Adesso lo staff dell’associazione che è ancora in attesa dei risultati di un’autopsia di un cane probabilmente avvelenato lo scorso 7 ottobre all’interno del rifugio, chiede ancora una volta giustizia. Sicuramente, quello del randagismo è un problema endemico che potrebbe iniziare a risolversi con campagne di sensibilizzazione, sterilizzazione, ma soprattutto buon senso e civiltà. La legge tutela i cani randagi che, se accolti in una comunità, seguiti e accuditi da persone che si prendono carico delle loro cure, in base alle normative sanitarie, possono continuare a vivere nel territorio in tutta libertà come “cane collettivo“. Ci chiediamo perché tanto odio?