Un mese e mezzo fa, venne messa la parola ‘fine’ alla triste vicenda di Green Hill, almeno per quanto riguarda il filone principale dell’inchiesta. Infatti, era fissato il processo in Cassazione nei confronti dei vertici dell’allevamento di beagle destinati alla vivisezione. La Suprema Corte ha avallato le scelte prese nei due precedenti gradi di giudizio. La vicenda era venuta alla luce nell’estate 2012. L’allevamento che si trovava a Montichiari in provincia di Brescia venne quindi chiuso. Nel processo d’appello, arrivato a sentenza nel febbraio 2016, vennero confermate le condanne di primo grado nei confronti del veterinario Renzo Graziosi e del co-gestore di “Green Hill 2001” Ghislane Rondot, condannati a 1 anno e 6 mesi e del direttore dell’allevamento, Roberto Bravi. Quest’ultimo venne condannato ad un anno di carcere e al risarcimento delle spese.
La vicenda di Green Hill diventa ora un ebook – ‘Vita da cavia’ – firmato da Francesco Grignetti, giornalista del quotidiano ‘La Stampa’. Proprio il giornale torinese, nella sua versione online, anticipa un capitolo della pubblicazione. Grignetti evidenzia che “i capannoni di Green Hill erano un inferno rumorosissimo. Talmente alto era il rumore che i dipendenti, per potervi lavorare, dovevano mettersi i tappi per le orecchie. Ed era un problema così grande, il rumore assordante, che i capannoni erano stati isolati acusticamente”.
A Green Hill, secondo quanto scrive il giudice, “all’interno dei capannoni la rumorosità dovuta all’abbaiare degli stessi cani era certamente elevata ed intensa, tanto che per accedervi era obbligatorio indossare tappi per le orecchie”. Francesco Grignetti denuncia: “Anche se lontani e in campagna, i latrati disperati di 2639 beagle potevano scatenare proteste. Magari qualcuno dei concittadini di Montichiari poteva andare a lamentarsi in Comune. E allora, per tenere il rumore all’interno, la Marshall era stata costretta a spendere qualcosina”.
“E’ pacifica l’assoluta mancanza all’interno dei box di aree separate e chiuse destinate al riposo e all’isolamento”, scrivono ancora i giudici parlando dell’allevamento di Montichiari. Il giornalista de ‘La Stampa’ osserva: “Il cane non poteva mai, dicesi mai, sottrarsi al frastuono scatenato dall’abbaiare disperato nel capannone”. Quello dell’abbaiare disperato dei poveri beagle era però soltanto uno degli abusi verificatisi a Green Hill. Abusi che la magistratura ha portato alla luce, riaffermando “principi di civiltà”, come ha sostenuto il sostituto procuratore Ambrogio Cassiani.
GM
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