Come l’era del Covid-19 rilancia il tema della sperimentazione animali
Al dramma della pandemia si aggiunge un nuovo orrore perpetrato dai ricercatori di tutto il mondo che hanno dato il via alla sperimentazione dei vaccini per il Covid-19 sugli animali. Da oltre un mese, molti paesi sono intrappolati dall’emergenza sanitaria scaturita dalla diffusione del virus. Restrizioni e provvedimenti dei Governi mirano a contenere il rischio contagio. Una situazione che ha bloccato l’economia mondiale portando a nuovi interrogati per gli scenari futuri.
Quello che non ha risentito dell’impatto tragico del crollo dell’economia, sono le multinazionali legate al settore farmaceutico e i finanziamenti destinati alla ricerca sul virus e allo sviluppo di possibili vaccini. A sostenere questa linea, il virologo Roberto Burioni che, nel corso del programma “Che Tempo che fa” ha suggerito la sperimentazione del vaccino sugli animali domestici. “Nel pieno rispetto e senza farli soffrire o sacrificarli”, ha specificato il virologo, convinto che potrebbero “essere fondamentali nello sconfiggere questa malattia”.
“Il fatto che gli animali possano essere contagiati non è solo un elemento negativo”, prosegue Burioni, specificando che “il fatto che gli animali possono contrarre questa malattia, in un modo molto lieve come sembra sia successo ad un gatto, ci permetterà di avere un notevole vantaggio nella sperimentazione dei vaccini”.
Burioni ha tenuto a rassicurare gli animalisti, come per giustificare quello che la ricerca sta mettendo in atto, nascondendo ancora una volta gli orrori che saranno perpetrati dagli animali per risultati incerti e che nella maggior parte dei casi non saranno efficaci al 100% sull’uomo.
“Nessuna paura per gli animalisti, non vogliamo farli soffrire. Una delle cose che ha rallentato moltissimo la ricerca di un vaccino contro Hiv, il virus che causa l’Aids, è stata la mancanza di modelli animali. Per questo virus, invece, potremmo averli. Ripeto, senza fargli del male, i nostri amici a quattro zampe potrebbero darci una mano fondamentale nello sconfiggere questa malattia”. Dichiara Burioni.
A dire il vero, l’Aids è stato sperimentato sui primati e vi sono fior fiore di ricerche e antologie che documentano la prossimità di modelli animali quali primati o suini.
In diversi paesi è già stata avviata la sperimentazione come negli Stati Uniti. Anche in India è iniziata con il laboratorio Bharat Biotech, a Hyderabad, in collaborazione con virologi dell’Università del Wisconsin-Madison e con lo sviluppatore di vaccini FluGen. Alcuni vaccini sono stati realizzati dall’Università di Oxford in Gran Bretagna e negli Stati Uniti da Inovio Pharmaceuticals e saranno ora sperimentati dai laboratori di tutto il mondo, come in Australia. Anche i ricercatori dell’esercito a Fort Detrick, nel Maryland, hanno iniziato a testare un potenziale vaccino contro il coronavirus sugli animali, il primo di molti passi nella produzione di una prevenzione come annunciato dagli stessi funzionari del Dipartimento della Difesa.
L’Oms, organizzazione mondiale della sanità ha espresso il parere positivo ai test sugli animali, sottolineando che è un passo fondamentale per la ricerca sul vaccino.
Quello che non viene abbastanza evidenziato è che secondo i termini temporali, “il vaccino” non sarà pronto per la commercializzazione prima di un anno e con molte probabilità il virus si sarà già evoluto.
In biologia viene infatti ricordato che i virus sono ‘adattogeni’ ovvero si modificano sul corpo di ogni persona, i vaccini non sono efficaci, ovvero non possono essere definitivi. Possono all’occorrenza ad alcuni individui alleviare o a chi modificare il decorso della malattia che comunque farà il suo corso. Tanto che, per gli stessi vaccini anti-influenzali che ogni anno vengono somministrati ai cittadini, ad oggi non è stato accertato nessun caso in cui una persona vaccinata non abbia preso l’influenza. I vaccini per i virus in teoria non possono esistere, perché il virus fa il suo corso, si adatta. Viene ricordato che quasi tutti i virus sono RNA messaggeri, portatori d’informazioni, ovvero vanno a prendere informazioni sugli altri. Nel caso in cui il virus fosse DNA si riuscirebbe a risalire alla sua derivazione. Questo coronavirus è un virus RNA quindi anche se trovano un vaccina, come già hanno trovato e già stanno facendo, può funzionare ma può anche non funzionare.
In tutto il mondo, sono stati registrati quattro casi di positività di animali da compagnia al Coronavirus che è stato trasmesso dai loro proprietari. A partire da Hong Kong, poi in Belgio dove un gatto è stato affetto e infine a New York dove anche una tigre avrebbe contratto il virus da un dipendente.
“In tutti i casi, all’origine dell’infezione negli animali vi sarebbe la malattia dei loro proprietari, tutti affetti da COVID-19″.
Si è sempre parlato di zoonosi, ovvero malattie trasmissibili dagli animali agli umani, ma raramente del contrario. Ovvero, il caso coronavirus porta alla luce il tema che l’uomo può trasmettere virus agli animali. In tal caso, la sperimentazione potrà in parte anche tutelare gli animali domestici. L’elemento che preoccupa è come sempre la mera speculazione commerciale di questi test spesso condotti senza parametri mirati alla tutela del benessere degli animali.
Sul tema è intervenuta la Responsabile LAV Ricerca Senza Animali, Biologa, Michela Kuan che ha subito sottolineato che i virus sono “parassiti cellulari obbligati”, cioè non sono in grado di replicarsi autonomamente dato che hanno la necessità di utilizzare le strutture della cellula ospite affinché possano compiersi le diverse fasi del ciclo replicativo”.
“Di conseguenza- conferma Kuan- è fondamentale studiare gli umani per guarire/proteggere gli umani e non basarsi su fuorvianti investigazioni su altre specie come ratti, topi o scimmie che distano fortemente dalla nostra, determinando errori grossolani e rilevanti ritardi nelle scoperte scientifiche”.
L’esperta ha poi ribadito come “il modello sperimentale animale è un approccio datato, costoso ed estremamente lento che ostacola lo sviluppo di farmaci e vaccini, tanto che alcune procedure (gli stessi nuovi test o ri-sperimentazione su animali di sostanze già in uso) e i tempi di alcune fasi delle sperimentazioni, sono stati modificati o tagliati dalle Autorità. La scienza deve evolvere – lo può fare anche in momenti eccezionali come questo – per rispondere con l’utilizzo di modelli di ricerca predittivi, rapidi e sicuri, alle problematiche sanitarie emergenti ed è grazie al sostegno delle NAT-non-animal technologies, o meglio, new-approaches-technologies che un’alternativa sicura può, e deve, essere garantita ai cittadini permettendo la messa a punto di vaccini e farmaci anche con metodi di ricerca senza animali, per giungere poi sicuri alla comunque inevitabile sperimentazione sull’uomo per i prodotti destinati all’uomo”.
Kuna ha poi evidenziato che nel corso degli anni, “abbiamo aperto le porte ai virus che rispondendo al loro istinto primario, si replicano senza più barriere. Non abbiamo imparato nulla da Rabbia, Ebola (purtroppo ancora tristemente in corso anche se nessuno ne parla), Aviaria, Suina, Sars, Marburg e Aids perché per uscire da questo circuito sempre più pericoloso non basta rincorrere un vaccino, ma bisogna avere un piano a lungo termine che protegga gli ecosistemi e tutti quelli che ci vivono”, specificando che “le precauzioni diffuse dai media sono cruciali nel rallentare la diffusione del virus COVID-19, quindi è bene seguire le regole e anche il buonsenso, ma non dobbiamo ignorare l’aspetto ambientale del problema che non è semplicemente etico (sebbene tale elemento sia fondamentale), ma anche scientifico”. Kuan ha poi concluso che “tutelare gli animali e l’ambiente, e quindi la salute, non è una battaglia degli animalisti, ma deve essere un impegno concreto di tutti. Di tutti, senza se e senza ma.”
Animalisti sul piede di guerra
Sul tema s’è già divisa l’opinione pubblica e c’è critica l’utilizzo di animali domestici per la ricerca scientifica mirata a contrastare il Covid19. E’ doloroso pensare che allo stato attuale, decine di migliaia di animali domestici siano sottoposti al coronavirus per l’indiviudazione dell’efficacia di un vaccino.
La Lav ha invitato a non fare sciacallaggio in tema di ricerca. “Tanto meno in un momento delicato come quello che stiamo vivendo a causa dell’emergenza Coronavirus”. ha dichiarato all’Adnkronos, Gianluca Felicetti, presidente LAV criticando i media gli attacchi dei ricercatori dott. Grignaschi e di Silvio Garattini che hanno criticato gli animalisti, dichiarando che “bloccano la ricerca”.
“Si mira alla proroga ‘sine die’ delle sperimentazioni sugli animali di alcol, droghe e tabacco, la cui scadenza è stata fissata dal Decreto Milleproroghe nel dicembre 2020. E si sa che le restrizioni normative in vigore in Italia non impattano con la ricerca sul Covid-19, sperimentata vista l’emergenza, anche direttamente sull’uomo”, ha dichiarato Gianluca Felicetti.
Felicenti ha poi concluso ricordando che “questa pandemia è stata causata da un uso improprio di animali, da noi sempre condannato: una mercificazione della vita animale che non è senza conseguenze né per loro né per i consumatori. Anche l’Oie -World organization for animal heath afferma ‘le prove attuali confermano che il virus proviene da una fonte animale’. Se fossimo stati ascoltati, se non ci fosse stato mercato e consumo di animali, non ci sarebbe stato il coronavirus. Occorre costruire solide politiche di prevenzione, non cercare falsi alibi in tema di ricerca”.
Nonostante questo aspetto la situazione attuale sta spingendo alla sperimentazione sugli animali. Le vittime sacrificali saranno primati e animali domestici quali gatti o cani. La speranza è quella che presto, i metodi alternativi andranno a sostituire questo ramo della ricerca che usa ancora animali come strumento.
C.D.
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