Violenza animali nei set cinematografici
La critica non è stata di certo clemente. Di sicuro, la visione di 2h35 minuti di violenza, attraverso il ritratto di un killer seriale alla ricerca della perfezione nei suoi omicidi, è alquanto difficile da sostenere. Stiamo parlando dell’ultimo film, “The house that Jack built”, del regista danese Lars Von Trier presentato fuori concorso a Cannes.
La pellicola era stata anticipata da qualche polemica animaliste, legata ad una scena del film, nella quale un bambino taglia la zampa di un anatroccolo.
Giustamente, sul caso, è intervenuta l’organizzazione animalista PETA, la quale ha rassicurato che l’animale non è stato ferito. Per l’arto amputato è stato usato un silicone particolare e la scena è stata girata con effetti speciali davvero realistici e convincenti.
Una cosa non è stata abbastanza sottolineata, o quasi per nulla, dalla critica e alla quale potremmo rendere merito a Von Trier. Quella per cui, un killer seriale è una persona violenta con gli animali fin dall’infanzia. Elemento che non è stato affatto tralasciato dal regista.
Trailer del film di Von Trier
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Questo film ha tuttavia riproposto una riflessione, pubblicata sul Guardian. Quella al riguardo dell’utilizzo degli animali nel cinema e soprattutto sul tema degli animali uccisi per l’industria cinematografica o più in generale per l’arte o ai fini dell’intrattenimento.
L’indignazione non è tanto per la violenza gratuita espressa nei film in quanto la realtà nella maggior parte dei casi supera di gran lunga la fantasia.
L’indignazione risiede negli animali sfruttati e morti per fare spettacolo. Come ad esempio, la morte di randagio chiamato Nativity, nella vetrina di una galleria d’arte.
L’artista costaricano Guillermo Vargas, conosciuto col soprannome di Habakkuk, si difese sostenendo che voleva denunciare il fenomeno dell’indifferenza nei riguardi dei randagi. “Il cane stava già morendo”, affermò Habakkuk. Sangue di animale, uccisioni ritualistiche e animali imbalsamati da Jan Fabre.
Il ventaglio delle crudeltà e della messa a morte di animali è vasto.
Tornando nel settore della cinematografia, alcuni recenti scandali, hanno portato sotto ai riflettori il tema del maltrattamento di animali sui set. Tuttavia, nell’arco dei decenni, dalla nascita della settima arte, furono introdotte alcune norme a tutela degli animali nel cinema.
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A partire dalla The Cinematograph Films (Animals) Act del 1937 che “proibisce la mostra o la distribuzione di un film per il quale gli animali sono stati crudelmente maltrattati allo scopo di realizzare il film”. Nel 1939, venne creata una figura con la sigla AH (American Humane) che doveva garantire che non venivano maltrattati animali durante le riprese.
Una regola, ampliata, e modificata negli anni anche se a volte, sono state concesse delle deroghe. Nonostante ciò, molti maltrattamenti sono stati perpetrati e non tutti i paesi, rispettano le stesse regole. Spesso, gli animali essendo imprevedibili, sfuggono agli addestratori coinvolti nel set e si possono verificare incidenti.
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Passando in rassegna i film segnalati con scene di violenze sugli animali, si perde il conto. Alcune pellicole sono rimaste nella storia della cinematografia nonostante siano stati registrati morti e ferimenti di animali. E questo è accaduto anche in pellicole recenti.
1936: The Charge of the Light Brigade (La carica dei seicento) di Michael Curtiz.
Durante le riprese furono abbattuti almeno 25 cavalli. Lo stesso attore protagonista, Errol Flynn discusse aspramente con il regista.
Nel film, venne utilizzata la tecnica dello stunt Yakima Canutt “The Running W”, che ha abbattuto i cavalli al galoppo, spesso ferendoli o uccidendoli nel processo.
1939: Jesse James (Jess il bandito) diretto da Henry King. Nel film, un cavallo si ruppe la spina dorsale e fu abbattuto dopo aver saltato da una scogliera di 20 metri.
1966: Andrei Rublev di Andrei Tarkovsky, un cavallo viene colpito al collo e spinto giù per una rampa di scale.
1967: Weekend di Jean-Luc Godard. Nel film viene sgozzato un maiale.
1969: The Wild Bunch (Il mucchio selvaggio) diretto da Sam Peckinpah. Nel film vengono bruciati vivi scorpioni e formiche
1973: Pat Garrett e Billy the Kid di Sam Peckinpah. Vengono decapitati dei polli
1976: “1900” di Bernardo Bertolucci (1976). In alcune scene vengono torturate delle razze e un gatto viene terrorizzato in modo che potesse essere schiacciato a morte. a quanto pare, fortunatamente, il protagonista Donald Sutherland non avrebbe ammazzato il gatto.
1978: La montagna del dio cannibale di Sergio Martino. Nel film delle simpatiche creature vengono attaccate e mangiate da enormi serpenti. Lo stesso registra ha dichiarato che “una scena è stata improvvisata perché abbiamo messo insieme una scimmia e un pitone, ma non avevamo programmato che quello sarebbe accaduto. Quindi è stato davvero spiacevole da guardare”.
1981: Cannibal Ferox di Umberto Lenzi. Scene in cui sono fatti a pezzi dei rettili tra i quali anche delle tartarughe.
1986: Le avventure di Milo e Otis di Koneko Monogatari (1986), Una ventina di gatti sarebbero morti per la realizzazione del film. Secondo quanto ha scritto Anne Billson, autrice del libro “Cats on Film”, l’rogano di controllo cinematografico avrebbe fatto tagliare 16 secondi del film, quando gli animali sono in difficoltà. Tuttavia, sottolinea la Billson, in una scena un gatto viene fatto precipitare da una scogliera e cerca di scappare dal mare.
1994: “Sátántangó” di Béla Tarr. Le scene contengono il maltrattamento di un fatto. Il regista avrebbe nascosto che il gatto sia stato ferito e abbia riportato una paralisi degli arti posteriori.
2003: Oldboy, thriller di Chan-Wook, l’attore Choi Min-Sik mangiava polpi vivi.
XXI secolo: Negli ultimi anni, i reality hanno preso la leva, con concorrenti costretti ad uccidere e mangiare animali selvatici. Per fare audience, una coppia di youtuber ha catturato, ucciso e mangiato animali appartenenti a specie protette.
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C.D.
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