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Spugne fritte: allerta per decine di casi segnalati. E i cani muoiono

Spugne fritte

Esplode a Genova il caso ‘spugne fritte’: si tratta di esche fatte con pezzettini di spugna fritti come se fossero alimenti, che nell’intestino si gonfiano, causando blocchi e la morte dell’animale. Se ne sono avvistate molte, da Sturla a Cornigliano, da Quezzi a Rivarolo, e i casi sembrano destinati a moltiplicarsi. Il 5 luglio scorso due cagnolini sono morti, uno a Borgoratti e uno a Valletta Puggia.

Terribile l’agonia per i poveri amici a quattrozampe, anche se sembra che tra gli obiettivi di chi lascia queste esche, che non contengono al contrario dei bocconi avvelenati del veleno, ma sono ugualmente letali, ci siano anche i cinghiali. Proprio a Borgoratti una donna ha ritrovato una dozzina di spugne fritte. Gli avvistamenti più recenti invece sono avvenuti davanti all’ingresso di villa Bombrini, a Cornigliano (il 13 luglio) e a Prà, in via Ratto (il 14 luglio).

Determinante l’intervento dei volontari, che hanno portato via le esche, ma una svolta nelle indagini per scoprire i colpevoli di quanto avviene potrebbe arrivare dal contributo delle telecamere di sorveglianza. Stefano Weiss, uno degli animatori/membri della pagina Facebook dedicata al tema, propone di dar vita a un “esercito” di sentinelle anti-spugne.

“Mi sembra che il fenomeno dei bocconi avvelenati si stia ingigantendo, purtroppo le forze dell’ordine fanno poco/nulla. Non possiamo stare a guardare impotenti senza fare nulla” – osserva – “Ronde. Di sera/notte. Quartiere per quartiere. A spot ma che si sappia che ci sono. Queste larve umane avvelenano perché sanno che con la legge rischiano poco. Ma essendo dei rinomati codardi se sanno che in giro c’è gente che controlla, allora sono sicuro che avrebbero paura. Per me unica soluzione”.

L’appello di Weiss ha avuto subito decine di riscontri, tant’è che negli ultimi giorni le segnalazioni sono aumentate in maniera esponenziale. Si rende però necessario l’intervento delle istituzioni contro questa forma di tortura e di violenza subdola, che purtroppo può portare – nei casi più estremi – alla morte dell’animale. Uno dei consigli in casi in cui venga ingerita una spugna fritta è quello di provare a far vomittare il cane, quindi di andare dal veterinario.

Intanto, l”emergenza ‘bocconi avvelenati’ – altra piaga per gli amici a quattro zampe – preoccupa anche l’area del Gran Sasso, dove sta prendendo piede il progetto di conservazione della specie dei lupi, riducendo l’impatto del randagismo canino. Qui opera Dacia, una border collie dolcissima, sempre pronta a correre per andare alla ricerca delle trappole a base di stricnina, insetticidi, ratticidi, antilumaca che la crudeltà dell’uomo è in grado di immaginare e mettere in pratica, affiancandole ad altre piene di chiodi, spilli, ancorette da pesca, spugne fritte nell’olio.

Gabriele

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