Sperimentazione animale, i test alla percentuale più bassa di sempre dal 2010

Sperimentazione animale, i test alla percentuale più bassa di sempre dal 2010

La sperimentazione animale cala in Gran Bretagna, ma questo però non sembra bastare: i numeri restano comunque alti.

Gli ultimi dati in merito di sperimentazione animale in merito ad una ricerca valevole per tutto il territorio della Gran Bretagna rivela una tendenza che mostra un calo generale delle procedure in tal senso. Nel 2017 c’è stato il minimo storico di sempre, considerando come anno di partenza il 2010. È il dipartimento degli Affari Interni dell’Isola d’Albione ad aver diffuso pubblicamente tale stima. Certo, la sperimentazione animale resta comunque su cifre elevate, se si pensa che il minimo ha fatto registrare 3,8 milioni di test. Il calo in generale è stato del 4% in relazione al 2016.

E di suddetti 3,8 mln, 1,89 hanno riguardato animali vivi a scopo di ricerca su farmaci o sulla formazione chirurgica. Comunque è da considerare positivamente che il calo è stato altrettanto significativo per quest’ultimo caso. Nel 2016 i test per farmaci o per la formazione in ambito chirurgico erano superiori del 7%, nel 2010 addirittura del 17%. Ma il 5% di questi casi nel 2017 è stato verbalizzato come un qualcosa che ha provocato grandi sofferenze agli esseri coinvolti. Invece in almeno la metà delle situazioni c’è stato dolore, anche lieve.

Sperimentazione animale, i dati nello specifico

Tra gli animali più utilizzati, il primato resta alle classiche cavie da laboratorio (topolini, criceti e simili) seguiti dai conigli e dai cani di piccola taglia. Ma non mancano anche gatti, scimmie di varie specie ed anche cavalli. In particolare l’utilizzo di quadrupedi equini è andato controtendenza, facendo registrare un notevole aumento. C’è infatti un più 18%, che coinvolge però anche il parziale riutilizzo degli stessi soggetti in più esperimenti.

Quindi in realtà il numero di cavalli impiegati da 373 è sceso a 288, nel 2017. Per finire, sono saliti del 37% anche gli allevamenti di animali genericamente modificati, nella stragrande maggioranza ratti, topi di più piccole dimensioni ed anche pesci. Ma per le associazioni animaliste britanniche tutto ciò non basta. Il Governo britannico non si è impegnato a sufficienza, e questo ha dato adito a delle proteste. Per quanto riguarda l’Italia, si registra invece il comportamento virtuoso del Piemonte, che ha istituito delle borse di studio per chi impiega metodi alternativi alla sperimentazione animale.

A.P.

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