In Brasile scavi archeologici hanno portato alla scoperta di una nuova specie prima sconosciuta: si tratterebbe di un antichissimo predatore simile a un alligatore.
Per 237 milioni di anni è rimasto sepolto sotto la terra, celando agli esseri umani l’esistenza di un predatore più antico dei dinosauri e dalle sembianze di un coccodrillo. Il divario di 237 milioni di anni è stato cancellato grazie alle campagne di scavo condotte in Brasile. Una spedizione di ricercatori ha rinvenuto infatti il fossile di un antichissimo predatore appartenente a una specie prima sconosciuta, il Parvosuchus aurelioi. A riportare i risultati della scoperta è la rivista «Scientific Reports».
Rinvenuto il fossile di un predatore sconosciuto: la nuova scoperta è avvenuta in Brasile
La nuova specie scoperta risale al periodo del Triassico medio-tardo, circa 237 milioni di anni fa. Si tratta di un rettile predatore appartenente al gruppo dei Gracilisuchidae, finora individuato solo in Cina e in Argentina.
Sulla rivista «Scientific Reports» il 20 giugno 2024 è stato pubblicato lo studio intitolato A new small-sized predatory pseudosuchian archosaur from the Middle-Late Triassic of Southern Brazil. Gli pseudosuchia sono gli antenati degli odierni coccodrilli, comparsi circa 90 milioni di anni fa nel Cretaceo superiore. Gli pseudochia, prima dell’avvento dei dinosauri e degli pterosauri, dominavano gli ecosistemi terrestri del Triassico. L’autore dello studio è Rodrigo T. Müller, ricercatore presso il Dipartimento di Biologia della Universidad Federal de Santa Maria.
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Lo scheletro parziale ritrovato comprende il cranio completo, lungo 14,4 cm di compresa la mascella inferiore con denti appuntiti curvati all’indietro, e 11 vertebre dorsali, una parte di bacino e alcune porzioni di arti. Nello studio viene descritto come il «primo Gracilisuchide inequivocabilmente proveniente dal Brasile». Si stima che l’esemplare fosse lungo meno di un metro. I Gracilisuchidae erano predatori molto piccoli che non superavano il metro di lunghezza, finora ritrovati solo in Cina e in Argentina. I ricercatori evidenziano come questi della «stirpe dei coccodrilli, gli Pseudosuchia, governavano gli ecosistemi terrestri prima dell’alba dell’era dei dinosauri, raggiungendo un’impressionante diversità tassonomica ed ecologica. Alcuni degli pseudosuchi più impressionanti del periodo Triassico erano i giganteschi predatori quadrupedi all’apice, come Prestosuchus chiniquensis e Luperosuchus fractus».
Il nome scelto per questo rettile è Parvosuchus aurelioi, derivato dall’unione delle parole latine parvus (“piccolo”), e suchus (“coccodrillo”). “Aurelioi” è un omaggio a Pedro Lucas Porcela Aurélio, paleontologo che ha ritrovato il materiale fossile. Si tratta di un rettile di dimensioni ridotte, somigliante ai coccodrilli odierni, vissuto circa 237 milioni di anni fa. La nuova scoperta amplia le conoscenze su questi antichissimi rettili estinti antenati di alligatori e coccodrilli.
Gli alligatori odierni sono noti con il nome scientifico di Alligator sinensis secondo la classificazione tassonomica di Fauvel del 1879. Fino a poco tempo fa, questi alligatori erano considerati una specie in pericolo di estinzione, uno dei rettili più minacciati dall’essere umano. Il drastico calo della popolazione di alligatori cinesi è stato determinato dal bracconaggio e dalla riduzione dell’habitat naturale di questa specie, ovvero delle zone umide distrutte per fare spazio alle risaie e alle dighe. Gli alligatori, appartenenti alla famiglia degli alligatoridi (Alligatoridae Gray, 1844), differiscono dai coccodrilli soprattutto per la testa, più larga e corta, e per un muso più ottuso. Esistono due specie di alligatori: quello americano (Alligator mississippiensis), presente nel Sud-Est degli Stati Uniti la cui lunghezza raggiunge circa i quattro metri; il piccolo alligatore cinese (Alligator sinensis), endemico del fiume Yangtze in Cina.
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Il ritrovamento del fossile di Parvosuchus aurelioi in Brasile rappresenta un’importantissima scoperta che consentirà ai paleontologi di fare luce su queste specie di predatori su cui c’è ancora tanto da scoprire. (di Elisabetta Guglielmi)