Ok alla sperimentazione sui macachi a Torino. Arriva il via libera del Tar del Lazio
Da mesi, ormai, il caso dei macachi a Torino è al centro dei riflettori. La sperimentazione promossa dalle Università di Torino e Parma, nell’ambito del progetto “Light-Up. Turning the cortically blind brain to see” comporta l’uso di macachi da sottoporre a un lungo periodo di training (con immobilizzazione in più parti del corpo per ore, quasi tutti i giorni, per settimane o addirittura mesi) fino all’asportazione chirurgica di aree della corteccia visiva al fine di rendere i macachi clinicamente ciechi. Un progetto nel quale i macachi saranno sottoposti alla sperimentazione per ben sei anni. Una ricerca considerata importante in tema di neuroriabilitazione corticale post lesionale o riabilitativa.
Quello che aveva denunciato la Lav è che non solo nella documentazione, i ricercatori non avevano dimostrato che vi fossero metodi alternativi. Al contempo, avevano negato che gli animali sarebbero stati sottoposti a sofferenze inutili. La stessa Michela Kuan, biologa e responsabile Lav per la vivisezione, aveva messo in luce le contraddizioni dell’Università di Torino che sosteneva che i macachi utilizzati nella sperimentazione non verranno accecati: “Affermazioni contraddittorie, visto che i macachi subiranno una lesione chirurgica nel cervello con asportazione delle aree della corteccia visiva con danno a livello della V1 proprio per simulare la perdita della vista in persone affette da blindsight, titolo dello stesso esperimento”.
“Se fosse indolore avremmo volontari che si sottopongono a operazioni a cranio aperto completamente svegli! In ogni caso, la procedura è stata classificata come grave, come ammette lo stesso ricercatore, quindi se è stata classificata come una sperimentazione col più alto grado di dolore, come si può dire che non soffrono?”, aggiunse la Kuan.
Il “via libera” del Tar del Lazio è giunto dopo lo stop di quattro mesi dopo la sospensione disposta lo scorso gennaio dal Consiglio di Stato. L’udienza di merito si è svolta il 19 maggio a porte chiuse. Il Tar ha accolto il ricorso delle università sottolineando che la ricerca, “che prevede lo studio di funzionalità cognitive superiori”, non può prescindere dal modello animale e al momento non vi sarebbero metodi alternativi per questo tipo di sperimentazione. In tal senso, il Tar del Lazio ha ribaltato la sospensione del Consiglio di Stato del 25 gennaio che aveva evidenziato che i ricercatori non avevano provato che esistevano “alternative”.
LAV pronta a dare battaglia
“Si tratta di una battuta d’arresto che certo non ferma la nostra battaglia. Ricorreremo al Consiglio di Stato, che speriamo si pronunci al più presto, accogliendo le nostre fondate ragioni giuridiche e scientifiche, come già evidenziato quando abbiamo ottenuto la sospensione del progetto”, riferisce la Lav in un comunicato stampa, ricordando che “il Consiglio di Stato, infatti, già a gennaio aveva dato ragione alla LAV, ribaltando la sentenza del TAR del dicembre 2019 e ordinando la sospensione del terribile esperimento; la Direzione Generale del Ministero della Salute, secondo il Grado Supremo della Giustizia Amministrativa, non è riuscita a provare l’impossibilità di trovare alternative a una sperimentazione considerata invasiva sugli animali”.
L’associazione ha ricordato la petizione lanciata in rete #CIVEDIAMOLIBERI, rvolta l Ministro della Salute Roberto Speranza, per chiedere di fermare il progetto di ricerca che ha raccolto in pochi mesi 433.000 firme. Un numero che dimostra come l’opinione pubblica sia sempre più contraria ai testi condotti sugli animali.
Tuttavia, secondo quanto denuncia la Lav, i ricercatori hanno più volte tentato di attribuire alla Lav la colpa nel ritardo sull’esecuzione dei test previsti dal progetto. “Le carte hanno dimostrato il contrario- sottolinea la Lav- e hanno svelato come gli step di lavoro previsti e approvati non siano stati rispettati”.
“Senza risparmiare illazioni di ogni tipo, infine, considerata la nostra offerta di prendere
in cura gli animali che hanno rimandato indietro, sottolineando come potessero, e
dovessero, essere liberati in un centro apposito per fauna esotica (cosa prevista oltretutto
per legge), sono arrivati ad accusare il CRASE di Semproniano di
non essere il posto adatto, dimenticando che proprio pochi mesi fa, addirittura l’Istituto
Superiore di Sanità ha portato lì proprio 9 macachi provenienti dal laboratorio”, aggiunge l’associazione, annunciando battaglia.
“Ci aspettano altri mesi di duro lavoro, legale e scientifico, in attesa dell’udienza al
Consiglio di Stato- conclude la Lav- ma possiamo contare sul sostegno dei cittadini: sono più di 432 mila quelli che hanno già fimato la petizione che chiede al Ministro della Salute Speranza la revoca dell’autorizzazione al progetto: perché gli italiani sono sempre più consapevoli di quanto lo sfruttamento degli animali e dell’ambiente siano alla base della drammatica emergenza sanitaria, e sociale, che stiamo affrontando a causa del Covid-19“.
Se non lo hai ancora fatto, firma la petizione: SALVIAMO I MACACHI DI TORINO!
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C.D.