Un riccio di nome Rosita ha rischiato di rimetterci la pelle per colpa dell’onnipresente e vergognosa plastica gettare a terra: salvato dai volontari.
Quella maledetta. Parliamo della plastica. Dovremmo però premettere, sempre (dato che è diventato un “caso” all’ordine del giorno), che non è tanto ad essere la plastica, a chiamarsi maledetta, ma colui o colei che la getta a terra o nei mari. La responsabilità (ormai nel 2020 sotto gli occhi di tutti) non è tanto del materiale in questione in sé. Dirlo sarebbe davvero enunciare un dettagli da inetti. I veri responsabili siamo noi, anche perché oggi ci sono quelle due famosissime paroline che ci riportano alla mente davvero tante responsabilità: raccolta differenziata.
E quando non si fa, beh, esagerando un po’ e parlando sempre in termini metaforici a essere differenziati dovrebbero essere gli esseri umani. Qualcuno potrebbe definirle parole forti e non avrebbe nessun torno. Forte e senza dubbio nocivo è, però, l’impatto negativo che questo materiale porta all’ambiente una volta lasciato a terra o nei mari. Non solo l’ambiente, ma anche un’importante parte dello stesso ambiente: gli animali. Esseri viventi come noi ma completamente maltrattati quando si parla di plastica. Incagliati, arrotolati, “pregni nello stomaco”: è questo ciò che vediamo quando assistiamo agli animali “vicino” alla plastica. Come il caso del riccio Rosita alle prese con un elastico che, per poco, non risultava fatale per il proseguo della sua vita.
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Se non ci fossero i volontari non staremmo qui a parlare di accurati salvataggi. Spesso e volentieri dietro interventi arrivati in extremis ci sono persone che donano tempo e vita ad animali indifesi che “cadono” per colpa dell’ignoranza di altri esseri umani. Persone del tutto competenti, che non chiedono soldi né visibilità ma soltanto rispetto per piccole creature che vorrebbero vedere nascere e crescere in ambienti sani.
È il caso dei volontari del Centro Recupero Ricci “La Ninna” situato a Novello in Piemonte. Pochi giorni fa è arrivato un riccio di nome Rosita (solo in un secondo momento è stato scoperto fosse un maschio). Una storia delicatissima come delicato e fino era l’elastico che aveva intorno al collo. Gettato a terra da qualcuno che, ripetiamo, non si cura del rispetto dell’ambiente e degli animali, è stato “raccolto”, forse per gioco, dallo stesso riccio. Da qui è partita la vicenda che si poteva benissimo trasformare in tragedia.
Quando è arrivato al centro il riccio aveva poche possibilità di sopravvivere proprio perché l’elastico, forse già da ore, bloccava le vie respiratorie. I volontari, temerarie e coraggiosi, hanno provato lo stesso a intervenire. L’esemplare ha reagito bene all’operazione e piano piano ha continuato a riprendersi in mano la propria vita. Anche se, e questo è giusto sottolinearlo, è in continua e in stretta osservazione per il taglio riportato sotto la gola. Un intervento che di sicuro si poteva evitare se qualche zoticone rispettasse di più quello che è l’ambiente di tutti, come riporta, in un posto su Facebook, uno dei volontari che ha partecipato all’operazione: “Adesso pensate a quanto deve avere sofferto questo riccio. Altro che ora, sicuramente aveva questo elastico intorno al collo da un mese. Ci vogliamo rendere conto dei danni e della sofferenza che causiamo a questi animali e all’ambiente gettando la plastica a terra e nei mari? Oltre ad evitare di usarla, cerchiamo di bittarla negli appositi contenitori. Questo povero riccio poteva morire”.
Come la storia del riccio albino salvato da un bambino di soli sei anni, anche questa si conclude nei migliori dei modi. Anche se la plastica rimane un grosso problema… da eliminare al più presto!
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