Quando il cane disturba la quiete pubblica? Detto in altri termini, quando il proprietario risponde penalmente per i continui latrati del suo cane? Ecco cosa stabilisce la legge.
Adottare un animale d’affezione implica l’automatica assunzione di doveri, sia concernente la sfera di tutela dell’adottato, sia quella dei terzi, i cui diritti non devono essere pregiudicati dai comportamenti dell’animale. E uno di questi diritti va individuato nella legittima pretesa a non veder turbato il proprio riposo o una propria attività dai rumori o schiamazzi altrui; compresi quelli di Fido.
Le liti tra vicini? Un classico. Le liti dovute al cane che disturba con il suo continuo latrare? Il più classico tra i classici.
E spesso e volentieri perfino gli Ermellini sono chiamati a pronunciarsi sulla questione. Prima di passare ad esaminare la fattispecie penale, tuttavia, è bene ricordare quali sono le norme civilistiche che disciplinano la fattispecie.
D’art. 844 cc, si ricava che il proprietario di un animale deve evitare che il proprio animale possa produrre dei rumori che superino la soglia della normale tollerabilità, disturbando il vicino.
D’altronde, ai sensi dell’art. 2052 cc, il proprietario dell’animale è responsabile dei danni da quest’ultimo cagionati.
Ma cosa si intende per normale tollerabilità? L’espressione, valutata in un’ottica di pura interpretazione letterale, non può che lasciare ampio margine di discrezionalità, dovuto al carattere soggettivo, in ognuno di noi, della tollerabilità di un rumore.
Il Legislatore, tuttavia, al fine di fugare ogni dubbio a riguardo , ha deciso di stabilire, con Legge quadro sull’inquinamento acustico, la n. 447/1995, dei parametri ben precisi; ed ecco che i latrati del cane, laddove nel corso della notte superino i 3 dB, oltrepassano la soglia della norma tollerabilità di cui all’art. 844 cc; di giorno, invece, il valore limite è rappresentato da 5.
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Ferma restando la responsabilità civile, nulla impedisce che il proprietario possa essere chiamato a rispondere del fatto anche in sede penale: questo accade quando il cane disturba la quiete pubblica.
Il caso di specie rientra nella fattispecie disciplinata dall’art. 659 cp, a norma del quale
Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero […] suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309.
La Cassazione, tuttavia, ha circoscritto l’alveo della rilevanza penale della condotta (chiaramente quella umana, ovvero il non aver impedito l’abbaio del proprio cane) ad ipotesi caratterizzate da determinati presupposti.
Prima di tutto, il bene giuridico protetto dalla norma è la quiete pubblica; non è sufficiente, pertanto, che i latrati del cane disturbino soltanto il proprio vicino, ma è necessario che siano tali da creare disagio ad un consistente numero di persone che abitano nello stesso condominio o nella stessa zona.
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A stabilirlo il giudice, mediante l’ausilio di un perito, che verosimilmente verificherà il superamento dei limiti di cui alla legge sull’inquinamento acustico. Tuttavia sono molti altri i fattori da valutare. Ad esempio, non può non assumere rilevanza la fascia oraria nella quale si verifica il disturbo.
Una cosa è che il cane abbai durante le ore notturne (o comunque in quelle diurne tradizionalmente dedicate al riposo), altro che abbai nelle restanti ore del giorno.
Inoltre va valutata la frequenza con cui si presenta il disagio: è piuttosto improbabile che un episodio isolato possa configurare il reato di specie, in particolar modo se confrontato con una situazione di disagio quotidiana per i vicini del proprietario di un cane rumoroso.
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