Si è svolto ieri presso la Corte di Appello di Brescia, l’atteso processo di Green Hill nell’ambito del quale la Corte ha confermato le condanne ai tre imputati, accogliendo le richieste del PM per cui per ora viene scartato il pericolo di riconsegna dei cani all’allevamento.
Confermate le condanne di primo grado nei confronti del veterinario Renzo Graziosi e del co-gestore di “Green Hill 2001” Ghislane Rondot, condannati a 1 anno e 6 mesi e del direttore dell’allevamento, Roberto Bravi, ad un anno di carcere e al risarcimento delle spese. Inoltre, la Corta ha anche confermato la sospensione dei condannati dalle attività per due anni e la confisca dei cani.
Gli imputati erano accusati di maltrattamento e di uccisione di animali in quanto nella loro pratica aziendale, venivano eliminati i cani di razza Beagle che non erano in linea con i requisiti richiesti dalle aziende farmaceutiche che praticano sperimentazione animale.
L’allevamento di cani destinati alla sperimentazione era stato messo sotto sequestro nel luglio del 2012 al termini di un’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Brescia e affidata alla Digos e Corpo Forestale dello Stato.
Lo stesso anno furono sequestrati centinaia di cani di razza Beagle affidati a Legambiente e LAV che hanno poi provveduto a sistemare i cani presso delle famiglie.
Prima del sequestro nel corso di una manifestazione animalista, alcuni attivisti erano entrati nell’allevamento per portare via i cani. Un evento che rimbalzò sulle pagine dei quotidiani, colpendo l’animo della popolazione con cuccioli di beagle sollevati sopra il filo spinato, simbolo della loro prigionia.
Gli attivisti furono denunciati e difesi dall’avvocato David Zanforlini che riuscì a portare le indagini della Procura su un altro piano fino ad arrivare al sequestro dell’allevamento di Montichiari.
Soddisfazioni espresse dalla Lav: “Con questa sentenza storica, senza precedenti per numero di animali tratti in salvo e per la portata innovativa sul piano giuridico, è stato smantellato, dunque, l’inaccettabile teorema del cane prodotto da laboratorio e per questo usa e getta“.
Sul suo sito la Lav ha commentato che “Green Hill resterà quindi chiusa e i 3.000 beagle rimarranno in famiglia: non vi è peraltro alcuna richiesta dell’Unione Europea per eliminare il divieto previsto dalla Legge italiana dal 2014 di allevamento di cani per la sperimentazione, nessuna procedura aperta da Bruxelles.
La Lav in un elenco ha ricordato anche le tappe della lunga battaglia legale e di civiltà:
-Per anni cittadini, comitati, coordinamenti manifestano a Montichiari (Brescia) e in altre città per fermare Green Hill
– 28 aprile 2012: alcuni manifestanti entrano nell’allevamento Green Hill
– 18 luglio 2012: in seguito a una denuncia della LAV, i beagle di Green Hill vengono posti sotto sequestro e la LAV è tra i custodi legali dei cani
– Circa 3000 i beagle tratti in salvo
– Decreto Legislativo 26/2014: l’Italia vieta per legge l’allevamento di cani a fini sperimentali. In Italia Green Hill non potrà riaprire, in nessun caso.
– 23 gennaio 2015: tre le condanne di primo grado inflitte dal Tribunale di Brescia Green Hill (veterinario, co-gestore e direttore)
Dal canto suo, l’azienda Green hill come riporta il Corriere ha annunciato il ricorso in Cassazione, spiegando che “il processo è stato fin dalle fasi iniziali fortemente influenzato da una campagna animalista ingiustamente accanita che in realtà vuole vedere l’azienda condannata non per i metodi di allevamento, ma piuttosto per le finalità di quest’ultimo, e non ne considera la necessità per la ricerca medico-scientifica”.
Per l’azienda “non sono stati presi in considerazione i molti documenti e materiali prodotti dalla difesa, che certificano il rispetto del benessere animale, l’assenza di maltrattamenti e l’eccellenza dell’allevamento”.
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