Oggi è un tempo di verità, un tempo in cui al di là del discorso manicheisto ovvero quello riduttivo e dualistico del bene e il male, ogni singolo individuo è portato a rispondere delle proprie azioni, non nei riguardi della giustizia ma di se stesso e di conseguenza verso la società che si sta evolvendo. L’evoluzione di oggi comporta una profonda riflessione, essendo l’uomo giunto ad un elevato livello di consapevolezza, grazie anche alla diffusione dell’informazione che trova canali alternativi e riesce in un modo o in un altro a raggiungere più persone. Una riflessione non su ciò che è bene o male piuttosto su ciò che è “umano” e nonostante i poteri forti abbiano tentato di creare una realtà in cui l’uomo è vittima e carnefice, l’umanità grazie al pensiero collettivo è giunta ad una svolta. Quando si parla d’indignazione s’intende proprio questa accezione, quella di un pensiero umano che non accetta determinati individui e che li condanna. Persone che non si sono evolute nel senso della compassione tipica degli esseri viventi e della solidarietà. Chi non è capace di gestire le proprie emozioni negative è un pericolo pubblico.
Non ci sono scusanti di fronte ad azioni rivoltose dalle quali emerge tutta la malvagità e la mostruosità di esseri che non sono evoluti e che dovrebbero pertanto essere accompagnati in un percorso rieducativo. Strategie che dovrebbero essere messe in atto non solo dalle istituzioni ma dalla stessa comunità che deve iniziare ad arginare queste persone e non giustificarle. Esemplare in tale senso il caso di Angelo, il cane bianco, impiccato ad un albero e ucciso a bastonate da un gruppo di quattro ragazzotti di provincia e che come emerso da un servizio delle Iene, gli stessi compaesani continuano a difendere davanti alle telecamere, parlando di una bravata e sostenendo che si tratta solo di un cane. La comunità al contrario doveva puntare il dito contro quei ragazzi per educare e lanciare un altro messaggio diverso da quello omertoso, di faide famigliari.
Azioni che vanno condannate, all’ordine del giorno e che si ripercuotano sulla comunità, come il caso registrato a Palermo, sempre sotto ai riflettori per casi di maltrattamenti, abbandoni e combattimenti illegali e dove un volontario locale, Salvatore Libero Barone è intervenuto per una segnalazione: un cane preso a colpi di picozza e impiccato ad un cassonetto dell’immondizia. Il volontario, giunto sul posto, ha trovato il povero animale a terra, probabilmente, un passante, preso dalla compassione, aveva reciso la corda che legava il cane.
L’animale pareva inizialmente morto, ma Libero Barone è riuscito a sentire flebili respiri e ha portato subito l’animale in clinica: un cane maschio, di circa due anni, con delle ferite in testa compatibili con colpi di picozza e una emorragia estesa ad un occhio.
Il cane è stato sedato e trattato nella speranza che si possa salvare. Geapress evidenzia che “la legge punisce in maniera blanda questi comportamenti anche nel caso di flagranza” come per il caso di Amore ucciso ad Irgoli, il responsabile preso in flagranza di reato è stato solo condannato ai servizi sociali.
In questi casi non ci sono arresti e la notizia che circola in rete con tanto di slogan “Vittoria! Chi maltratta gli animali adesso va in carcere”, suona alquanto come una bufala o se si preferisce come una “buffonata”. In questi casi, spesso è difficile arrivare ad una condanna definitiva anche con libertà restrittive. Geapress ricorda che “le pene reclusive stabilite dalla legge 189/04, infatti, sono ben al di sotto della soglia minima prevista per tali restrizioni. I casi più gravi finora conclusi con la condanna in Italia, riportano una multa prossima ai 10.000 euro. La multa è la sanzione pecuniaria dei reati delitti”.
Ci chiediamo allora come difendere questi esseri indifesi e se non sia il caso che singoli individui inizino a cambiare loro stessi, condannando questi gesti, emarginando queste persone, spezzando il silenzio omertoso.