E’ stata recuperata i primi giorni di settembre, la meticcia randagia, alla quale i volontari di Capua (CE) hanno dato il nome di Pimpa. La cagnolina di circa 3 anni era in pessime condizioni: aveva metà volto sfigurato tutto infetto con alcune parti in necrosi. Si era riparata all’interno di un condominio dove si lamentava e per questo i residenti del palazzo avevano segnalato la situazione alle autorità perché erano infastiditi dal cane. Ma nessuno aveva pensato ad aiutare quella povera bestiola che tutte le notti, nell’indifferenza totale delle persone, piangeva dal dolore (clicca qui).
Sul posto sono poi intervenuti i volontari di Capua (CE) che hanno soccorso la piccola randagia con il volto sfigurato probabilmente da un petardo. Dopo i primi accertamenti e le prime cure, è emerso che Pimpa era anche incinta e aveva perso i suoi cuccioli di circa 40 giorni, rischiando anche la setticemia, una grave infezione interna che può essere letale se non viene presa in tempo.
L’associazione che ha recuperato Pimpa, di fronte a questo ennesimo caso, per cui si sospetta un maltrattamento, non si è persa d’animo e ha affrontato le spese per i primi due interventi urgenti: il primo al volto che sembra migliorare dopo una prima ricostruzione, anche se il cane ha perso un occhio per via dell’infezione e il secondo, per rimuovere i cuccioli.
La Pimpa infastidiva la gente ma nessuno si era interessato alle sue condizioni. I volontari si chiedono come mai nessuno abbia fatto caso alleo stato di Pimpa che nonostante tutto è un cane di grossa taglia per cui ben visibile.
Ancora una volta, l’indifferenza ha regnato sovrana. Al contempo c’è chi si chiede che fine avrebbe fatto questo povero animale se non fosse stato per i volontari. Una questione di civiltà e d’amore, ma anche d’altruismo, per cui gli esseri più deboli e bisognosi dovrebbero “in teoria” essere aiutati.
Ma questa storia come molte altre riporta anche in primo piano l’assenza delle autorità o di strutture funzionali più che competenti come emerso dalle dichiarazioni di Vincenzo Caporale, volontario di Capua che ha spiegato come “le telefonate con le quali è stato chiesto aiuto, si sono rivelate inutili. La risposta era una sola: non è di nostra competenza”.
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