Nei giorni scorsi vi abbiamo parlato di una drammatica vicenda di abbandono di cani, avvenuta a Santa Maria di Sala, in provincia di Venezia, dove cinque cuccioli appena nati sono stati trovati rinchiusi in un sacchetto. I piccolini sarebbero morti nel giro di poco tempo se non fosse stato per una donna che, passando nel luogo dell’abbandono, li ha notati all’interno di una busta di carta di quelle utilizzate solitamente per avvolgere il pane.
Aveva anche fatto discutere quanto accaduto a Casale Monferrato, dove una donna ha parcheggiato l’auto in piazza Castello lasciando all’interno il suo cane. La vicenda, che testimonia quanto a volte vi sia da parte dei proprietari di animali incuria piuttosto che spirito di protezione, si è risolta fortunatamente nel migliore dei modi.
In queste ore, un nuovo caso di abbandono arriva da Monza, dove un povero cane è stato lasciato da solo in casa per circa un mese dal suo proprietario, un 39enne originario dello Sri Lanka, partito a inizio maggio per un viaggio nel suo paese. A lanciare l’allarme sono stati alcuni vicini di casa, che sentivano i latrati dell’animale. Le forze dell’ordine sono così intervenute presso l’appartamento, ma nessuno ha risposto.
Da lì a poco è giunto però un ragazzo di 21 anni, anche egli cingalese, che ha fatto entrare gli agenti in casa del suo connazionale. Sono state così riscontrate condizioni igieniche pessime, con spazzatura abbandonata ovunque ed escrementi a terra. Il 21enne, a quel punto, si è giustificato spiegando di avere avuto dal suo connazionale il compito di portare da mangiare al cane.
Giustificazioni che però non sono bastate alle forze dell’ordine che hanno denunciato entrambi i cingalesi per abbandono e maltrattamento di animali, mentre il povero cane è stato preso in carico dal canile Fusi di Lissone. Gli agenti della polizia locale hanno però prima voluto che il cane potesse correre libero dopo diversi giorni in cui era stato praticamente segregato in casa.
L’abbandono di animali è disciplinato dall’art. 727 del codice penale ed è un reato contravvenzionale che si prescrive in quattro anni. Le sanzioni previste sono l’arresto fino a un anno o l’ammenda da € 1000 ad € 10.000. Le pene dell’arresto e ammenda sono alternative: la scelta è lasciata alla discrezionalità del Giudice.
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