Nelle scorse settimane, il WWF ha tracciato una mappa degli animali in via d’estinzione, ovvero delle tante specie che rischiamo di non vedere più. Tra queste, ci sono purtroppo gli oranghi del Borneo. Il mondo ha perso quasi 150.000 oranghi dall’isola del Borneo negli ultimi 16 anni: le cause sono legate ai cambiamenti dell’habitat ma anche a morti cruente per omicidio. Sono a rischio altri 45.000 esemplari entro il 2050, secondo un nuovo documento della rivista Current Biology. Lo studio, pubblicato il 15 febbraio, ha osservato 36.555 nidi di orango tango attraverso tutto il Borneo, un’isola che è condivisa tra Indonesia, Malesia e Brunei, tra il 1999 e il 2015. Durante quel periodo, i ricercatori hanno riportato un forte calo del numero di nidi, passati da poco più di venti per chilometri agli attuali dieci per chilometro.
Questo declino, calcolano, rappresenta una perdita stimata di 148.500 oranghi del Borneo (Pongo pygmaeus). I dati hanno anche suggerito che solo 38 dei 64 gruppi di oranghi identificati, noti come metapopolazioni, ora includono più di cento esemplari. Questo vuol dire che in futuro la situazione può solo peggiorare. “Stanno scomparendo anche più rapidamente di quanto i ricercatori avevano previsto”, ha detto Maria Voigt, ricercatrice presso l’Istituto Max Planck per l’antropologia evolutiva in Germania e autrice principale del nuovo studio.
Secondo i dati, la popolazione di oranghi del Borneo sfiorava i 300mila esemplari nel 1973, mentre ora si limita a poco più di 100mila. Nell’arco di quasi quattro decenni, più di un terzo delle foreste pluviali del Borneo è stato distrutto a causa di incendi, disboscamento, estrazione e proliferazione di piantagioni, in particolare di olio di palma. L’entità della deforestazione ha avuto un grave impatto sulla popolazione degli oranghi dell’isola.
La Voigt ha poi ricordato: “Il declino della densità di popolazione è stato più grave in aree che sono state deforestate o trasformate per l’agricoltura industriale”. Il tasso di declino raggiunge picchi molto alti sia nel Kalimantan, nella parte indonesiana dell’isola, sia nello stato malese del Sabah. Nel periodo di riferimento dello studio, è avvenuto però un fatto preoccupante. La perdita di oranghi nelle foreste incontaminate, o “primarie” e selettivamente registrate, dove si verifica la maggior presenza degli animali, rappresentava il 67% della perdita totale stimata nel Borneo tra il 1999 e il 2015. Si tratta di un dato difficile da analizzare, ma in assenza di altre motivazioni si pensa a un virus che ha sterminato la popolazione di oranghi.
Inoltre, lo scorso agosto, il governo indonesiano ha riferito che quattro quinti di 57.350 oranghi selvatici in Kalimantan vivevano fuori dai parchi nazionali e da altre aree protette, restando così esposti al bracconaggio e ai conflitti con gli umani. “La gente uccide gli oranghi per la loro carne, mentre cacciano altre specie commestibili”, ha detto la Voigt. Alcuni di questi omicidi sono però legati al disboscamento e alla deforestazione. La Voigt ha detto che lo studio ha fornito solo una piccola istantanea delle interazioni tra oranghi e umani sul Borneo. Se i tassi attuali di deforestazione dovessero restare questi, circa 215.000 chilometri quadrati (83.000 miglia quadrate) di foresta nel Borneo saranno persi tra il 2007 e il 2020, riducendo la copertura forestale rimanente al 24%, secondo uno studio del 2012 del WWF. Si cerca però di correre ai ripari: il governo indonesiano nel 2016 ha dichiarato una moratoria di cinque anni sulle nuove licenze per dar vita a piantagioni di palme da olio nell’intero arcipelago.
GM
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