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Moria di cani salvati dal macello in Cina: Marc Ching nella bufera mediatica

@Facebook/The Animal Hope & Wellness Foundation

Marc Ching, fondatore di Animal Hope & Wellness Foundation, è diventato una celebrità negli Usa per l’impegno a volte rischioso di salvare i cani dai macelli in Cina, Corea del Sud, Cambogia, Vietnam e Indonesia. La sua attività è stata anche sostenuta la scorsa estate da numerose star di Hollywood, tra le quali Matt Damon che, a ridosso del Festival della carne di cane di Yulin, lanciarono un appello per fermare quella pratica crudele della mattanza dei cani, uccisi brutalmente per rendere migliore la loro carne.

Nell’arco del 2016, grazie all’attività di Ching sono stati riscattati mille cani dai macelli, ma in base ad una rivelazione trapelata dal quotidiano britannico dailymail, che sta facendo scandalo, in questi giorni sarebbe arrivata una mail agghiacciante nella quale veniva denunciato che solo 300 cani di quelli salvati sono ancora vivi e che gli altri 700 sarebbero morti dopo una lunga agonia.

Secondo le indiscrezioni si apprende che dei mille cani salvati, 300 furono trasferiti in dei rifugi, altri 700 esemplari sono stati invece portati presso dei monasteri buddhisti dove sarebbero morti a causa di varie patologie come il cimurro o infezioni, in quanto in base alla convinzione buddhista agli animali viene negato qualsiasi trattamento perché la natura deve fare il suo corso.

La scorsa estate, dopo un appello diramato da Ching, numerosi volontari accorsero a Yulin per dare man forte a Ching, contribuendo a smistare i cani salvati tra un rifugio della Wellness Foundation creato nella città di Nanning, a 130 miglia da Yulin, e diversi monasteri buddhisti dove sarebbero morti, all’insaputa di Ching.

Una situazione raccapricciante che vede Ching in aperto contrasto con un imprenditore di nome Jeffrey Beri, principale sostenitore della Wellness foundation, il quale sarebbe dietro ad un’operazione con la quale recentemente un centinaio di cani sono stati portati via dal rifugio di Nanning, tra i quali molti erano già stati adottati e portati in un altro rifugio a Changsha, ad oltre 500miglia di distanza, sempre gestito da Ching.

Ching ha accusato Beri di aver distratto i fondi del Wellness foundation oltre che di molestie al personale. Dal canto suo, l’imprenditore si è difeso, affermando di aver speso oltre 50mila dollari di tasca propria per restare in Cina per prendersi cura dei cani e trovare loro casa all’estero.

La fondazione di Ching riceve diversi finanziamenti tra cui quelli della Dog Foundation Soi, gestita dal britannico John Dalley, che si prende cura di 70 cani a Nanning, per i quali ha versato 1500 dollari a cane. Anche la Humane Society International ha contribuito a finanziare l’attività provvedendo alle cure di 120 cani, mentre altri 90 cani, di cui si sta occupando Ching, sono ora a Changsha.

LA POLEMICA– Il caso sta sollevando un’ampia polemica soprattutto dopo le dichiarazioni di una volontaria americana, intervistata dal Dailymail. La giovane donna avrebbe raccontato di aver preso parte alle operazioni di salvataggio dei mille cani e che fin dall’inizio la situazione era stata disastrosa, denunciando appunto la morte dei 700 cani inviati nei monasteri: “Se fossero stati lasciati nei macelli per essere uccisi sarebbe stato meglio che la sofferenza che hanno subito”. La giovane testimone ha poi accusato Ching di tenere i cani nelle gabbie nel rifugio a Nanning solo per farsi fotografare quando vengono salvati.

In diverse occasioni, Ching aveva chiesto alla volontaria in questione di andarsene ma la giovane sarebbe rimasta per continuare ad aiutare i cani. Lo stesso Beri denuncia afferma che due terzi dei cani salvati sono morti.

LA REPLICA DI CHING– Immediata la replica dell’articolo con il quale il dailymail attacca senza mezze misure Ching. Il fondatore della Animal Hope and Wellness Foundation ha denunciato con un post sul profilo Facebook della fondazione di aver raccontato lui stesso i fatti, di aver scambiato una serie di mail, fornendo tutta la documentazione.

” Numerosi volontari presso il nostro rifugio hanno accusato Beri di molestie sessuali e di aver tenuto in ostaggio i nostri cani”, scrive Ching, inviando Beri a dire la verità: “Per molto tempo ho cercato di far finta di nulla, ma adesso è giunta l’ora di uscire allo scoperto. Abbiamo presentato una denuncia per frode e in attesa del processo continueremo nella nostra causa, fino a quando non sarai giustamente condannato e ritenuto responsabile delle azioni che hai commesso”.

In merito all’intervista con il Dailymail, Ching assicura di “aver presentato delle prove concrete contro Beri, mentre l’autore dell’articolo ha evidentemente riportato delle notizie false. Fortunatamente -prosegue Ching- ho registrato la conversazione che ho avuto con il giornalista e che pubblicherà nei prossimi giorni, condividendo anche tutti i movimenti bancari”.

Uno scontro senza mezze e soprattutto uno scandalo per il quale Ching avrebbe già presentato al giornali una lamentela, fornendo le prove che smentirebbero i fatti.

 

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