Lo stop ai mercati di animali selvatici al fine di evitare in futuro nuove pandemie come quella del Coronavirus partita dalla città cinese di Wuhan.
La pandemia da Coronavirus che sta mettendo in ginocchio diversi Stati del mondo e sta portando con sé riflessioni e richieste sui mercati di fauna selvatica. Si ritiene infatti che il punto di partenza del contagio sia stato uno dei “wet mercati” di Wuhan, in Cina, ed è per questo che Elizabeth Maruma Mrema, responsabile ad interim della convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità, ha fatto una richiesta precisa.
Dopo la Peta che ha richiesto la chiusura definitiva dei mercati di animali vivi da carne e quella dell’Animal Equality anche l’Onu lancia l’allarme e chiede di vietare i mercati di fauna selvatica in tutto il mondo e di rispettare la natura.
L’invito arriva direttamente dalle parole di Elizabeth Maruma Mrema ed è diretto a quei mercati dove si vendono animali vivi o morti destinati al consumo umano. “Sarebbe bene vietare i mercati degli animali vivi come ha fatto la Cina e altri Paesi. Ma dovremmo anche ricordare che ci sono comunità, nelle zone rurali a basso reddito, in particolare in Africa, che dipendono dagli animali selvatici per sostenere il sostentamento di milioni di persone. Quindi, a meno che non troviamo alternative per queste comunità, questo potrebbe far emergere il pericolo di aprire il commercio illegale di animali selvatici che attualmente sta già portando sull’orlo dell’estinzione alcune specie” ha detto la funzionaria al Guardian.
Il divieto richiesto dall’Onu però non dovrebbe intaccare la filiera alimentare regolare, altrimenti si rischierebbe una ecatombe tra i poveri a causa di fame e malnutrizione. Lo spiegano in una nota congiunta Fao, Oms e Omc: “Dobbiamo garantire che la nostra risposta al Covid-19 non crei carenze ingiustificate dei prodotti di prima necessità, aggravando la fame e la malnutrizione” scrivono le tre organizzazioni.
Il biologo cinese Qu Dongyu (a capo della Fao), il biologo etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus (alla guida dell’Oms) e il diplomatico brasiliano Roberto Azevêdo (numero uno dell’Omc) hanno chiesto di agire congiuntamente per ridurre al minimo l’impatto potenziale della pandemia sull’approvvigionamento alimentare scongiurando conseguenze “sul commercio globale e sulla sicurezza alimentare specie per le popolazioni più vulnerabili“.
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S.C.
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