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Macachi ‘prigionieri’ in un laboratorio universitario italiano – VIDEO

Macachi ‘prigionieri’ e utilizzati per la sperimentazione: ecco cosa accade ogni giorno in un laboratorio universitario italiano.

(screenshot video)

La vivisezione è un tema attuale più che mai e la stessa Unione Europea ha introdotto delle direttive al fine di sostenere la ricerca con metodi alternativi: ciò nonostante, aumenta di anno in anno l’utilizzo di cavie animali, come cani e macachi, nei laboratori. Si tratta di un problema che riguarda anche l’Italia, dove sono circa 600 i laboratori autorizzati dal ministero della Salute a compiere esperimenti su animali. Se tendenzialmente il numero degli animali usati come cavie nel nostro Paese diminuisce, dall’altra parte aumenta il numero di macachi: nel 2015 erano 224, sono raddoppiati a 454 nel 2016 e arrivati a 548 nel 2017.

Il destino dei macachi in un laboratorio universitario

Accade che per qualcuno di loro ci sia il ritorno alla libertà: qualche tempo fa, furono liberati 27 macachi destinati alla ricerca sui trapianti di reni a Padova. Per altri, invece, nonostante l’impegno degli animalisti, il destino riserva solo la sperimentazione scientifica in laboratorio. Delle immagini diffuse su Youtube nelle scorse ore da ‘Essere Animali’ testimoniano quanto accade in un laboratorio universitario italiano. Nella denuncia, non è stato citato il polo universitario, né conosciamo il nome di chi ha girato le immagini e che rischia molto per la sua scelta di denunciare quanto accade.

Le immagini sono particolarmente forti e per la prima volta in Italia vediamo quello che accade all’interno dei laboratori universitari del nostro Paese: macachi ‘prigionieri’, a cui vengono inseriti nel cranio e nelle tempie hanno degli elettrodi. Sebbene nel video non siano stati inseriti veri e propri esperimenti, sconvolge comunque vedere il comportamento di questi primati e quello a cui vanno incontro. Si tratta peraltro di una pratica di cui si potrebbe fare a meno: la richiesta che arriva da più parti è quella di trovare metodi alternativi e stando ai dati Eurispes solo due italiani su dieci si dice favorevole alla sperimentazione sugli animali. La domanda è dunque perché non fermarsi e dire basta a quella che è una vera e propria piaga.

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Gabriele

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