Chissà cosa significa arrivare al punto di portare il proprio cane in un canile dove vige l’eutanasia. Molte persone lo fanno senza scrupoli, carenti di empatia nei riguardi di un animale al quale non vogliono più provvedere e del quale si sbarazzano come un oggetto, come se non avesse sentimenti, indifferenti al suo dolore. Decine, centinaia di gabbie con cani di ogni razza, di tutte le età con storie di legami oppure maltrattamenti, randagismo e abbandoni. Sguardi pieni d’innocenza che attendono dietro le sbarre gelide del canile che si apra la porta e che qualcuno li porti via, pronto a ridargli una nuova vita, questa volta per sempre piena d’amore e di cure.
In molti paesi vige ancora l’eutanasia e nonostante in Italia sia vietata dal 1991, recentemente, attraverso il tanto discusso Piano Lupi messo appunto dal Ministero dell’Agricoltura vi è stato nel Belpaese il rischio della sua reintroduzione, come denunciato dalle stesse associazioni animaliste. Una pratica mirata a contenere il fenomeno del randagismo e la sovrappopolazione dei cani nelle strutture statali. Anziché applicare le norme in vigore, quelle relative alla sterilizzazione e a debellare il fenomeno alla radice, con monitoraggi, si preferisce la soppressione. Un sistema che in alcuni paesi come a Taiwan ha portato addirittura al suicidio di una giovane veterinaria di 31 anni, che aveva dedicato la sua vita alla causa degli animali e si è trovata costretta ad uccidere i cani nei canili; un peso che la giovane donna non ha sopportato: delusa del sistema, divorata dai sensi di colpa, si è tolta la vita.
In questo scenario, come più volte evidenziato, negli Stati Uniti sono nate delle associazioni no-kill (contro l’uccisione) per contrastare i canili municipali dove vige l’eutanasia. Queste associazioni operano non solo come rifugio e cercano di recuperare i cani abbandonati prima della statale Animal Control ma tentano anche di lanciare appelli mirati a far adottare gli esemplari inseriti nelle liste dell’eutanasia prima che sia troppo tardi. In tal senso accade quotidianamente imbattersi in appelli strazianti per salvare cani anche a solo un’ora dall’eutanasia programmata. Una corsa contro il tempo per risparmiare la vita ad un cane che di certo non merita una fine così triste, come nel caso di Smokey, la cui storia è rimbalzata in questi giorni sui media e i social.
Smokey è un giovane esemplare di 4 anni, un incrocio di un molosso che ha sempre vissuto in una famiglia, fino a quando quest’ultima ha dovuto rinunciare a lui a malincuore, dopo aver perso la casa a causa della crisi economica e occupazionale, portandolo al canile; una scelta sofferta e dolorosa, considerando che Smokey rischiava di finire nel cosiddetto “braccio della morte”. Quello che rattrista e rende ancor più tragica la storia di Smokey è che i suoi proprietari lo hanno lasciato con il suo peluche preferito, un elefantino grigio, per farlo sentire meno solo. Un’attenzione che per molti potrebbe sembrare un po’ vile e forse un modo un po’ troppo semplice per ripulirsi la coscienza. Forse i proprietari pensavano che Smokey sarebbe stato presto adottato, senza neanche immaginare che invece, le sue condizioni all’interno della struttura, privato dai suoi affetti sarebbero peggiorate a tal punto che, Smokey sarebbe diventato nervoso e s’infastidiva al passaggio delle persone. Il suo comportamento, ritenuto pericoloso, ha portato i responsabili del canile ad inserirlo nella lista dei cani da sopprimere.
Fortunatamente, alcuni volontari all’interno del Franklin County Dog Shelter & Adoption Center in Ohio commossi da quel molosso affezionato al suo peluche hanno tentato il tutto per tutto, mettendosi in contatto con un’associazione no kill, la I Have A Dream Rescue Organization per salvarlo. Grazie all’associazione, qualche giorno prima della data dell’eutanasia, Smokey è uscito dal canile ed è stato trasferito presso un rifugio dove con le cure e l’affetto dei volontari, a distanza di poco tempo ha di nuovo mostrato la sua indole più dolce. Una volta recuperate le sue condizioni psico fisiche, il dolce Smokey sarà messo in adozione oppure, sottolineano i volontari, sarà riconsegnato ai suoi vecchi proprietari, laddove ci saranno i presupposti.
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