Kenya chiude i macelli d’asini per proteggerli dal mercato cinese
Un commercio internazionale denunciato da diversi anni dalle organizzazioni animaliste. La carne di asino e i prodotti derivati sono molto apprezzati in alcuni paesi tra i quali la Cina. Tanto che si è creata una vera e propria economia che ha interessato tutta la catena produttiva dagli allevamenti di asini, al trasporto, i macelli e la commercializzazione del prodotto. Un settore sul quale molte realtà imprenditoriali hanno lucrato, anteponendo gli affari e i profitti alla tutela e al benessere degli animali.
Peta e altre organizzazioni animaliste avevano acceso i riflettori su questo settore in crescita, denunciando i maltrattamenti di cui erano vittime gli asini destinati a questo traffico.
Un commercio che ha soprattutto interessato paesi dell’Africa come il Sudafrica o il Kenya dove si sono concentrati gli scambi commerciali e internazionali con la Cina.
Nel 2019, Peta diffuse le immagini sconcertanti di un’inchiesta condotta sul commercio degli asini e sui macelli in Kenya e in altri paesi africani. Vennero denunciati i maltrattamenti e le modalità brutali e violente con le quali questi animali venivano uccisi. Colpiti a bastonate o a martellate sulla testa, per poi utilizzare la loro carne e la loro pelle per creare gelatine, farmaci per l’anemia o altre patologie quali la menopausa.
“Il viaggio estenuante di questi animali poteva durare molti giorni. Molti animali morivano prima di arrivare a destinazione”, racconta Peta.
Alla luce di quanto rivelato, il Governo del Kenya ha deciso di chiudere l’esportazione degli asini verso la Cina. La decisione è stata annunciata il 25 febbraio 2020 con la quale le autorità keniote hanno stabilito di vietare i macelli degli asini destinati a questo commercio.
Una decisione che è stata accolta favorevolmente da Peta e dalle altre organizzazioni animaliste.
“Il segretario del ministro dell’Agricoltura, Peter Munya, ha annunciato la chiusura dei macelli a partire dal marzo 2020. Oltre 200mila persone avevano firmato una petizione e da destinare al governo del Kenya nella quale veniva chiesto a Peter Munya di bloccare questa pratica. Molte proprietari di asini erano inoltre anche vittime di furti”, scrive Peta in un comunicato.
Il ministro dell’agricoltura del Kenya ha spiegato in un comunicato ufficiale che: “Il macello degli asini e il commercio dei prodotti derivati hanno portato a una speculazione, tra furti e abbattimento degli animali senza tutele. Una situazione che ha portato a una drastica riduzione della popolazione di asini nel paese”.
Un commercio che ha portato a numerose proteste dei cittadini con slogan quali: “Quando gli asini sono uccisi o rubati, le donne diventano gli asini“.
Un traffico che ha avuto un impatto negativo sulla vita delle famiglie che contavano sugli asini come supporto domestico.
“Per evitare la scomparsa degli asini e la speculazione economica, il governo ha deciso di vietare i macelli e il commercio dei prodotti derivati dagli asini”, ha affermato il ministro dell’Agricoltura keniote.
Mimi Bekhechi, responsabile dei programmi internazionali di Peta ha commentato che Peta è soddisfatta della decisione del Governo del Kenya, ricordando che altri paesi avevano già deciso di vietare questo commercio, tra i quali Burkina Faso, Mali, Botswana, Nigeria, Sénégal, Tanzania, Uganda in Africa ma anche il Pakistan.
“Inoltre, eBay e altre aziende hanno deciso di bloccare la vendita dell’ejiao” sottolinea Peta, concludendo che la Cina è stata responsabile del crollo della popolazione degli asini. Dal 1990, gli asini sono passati da 11 milioni a 6 milioni di esemplari in Cina nel 2013.
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C.D.
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