Il piccione Joe, che dopo aver percorso tantissimi chilometri, ha rischiato di essere condannato a morte: non è un primo caso.
Oggigiorno andiamo sempre più incontro a leggi severe. Forse perché, nel passato, non abbiamo saputo controllare i nostri istinti più beceri. Più sicurezza e meno libertà, un mantra che abbiamo sentito spesso questo periodo.
Discorso analogo vale anche per gli animali. Sebbene alcuni di loro sono presenti su questa Terra da molto più tempo di noi, non sono esenti da forme di restrizioni, soprattutto quando si parla di malattia.
E col Covid-19 ne abbiamo visto anche delle conseguenze, seppur parziali, ma esistenti. Ma non solo il coronavirus. O meglio, non solo in quanto malattia. E l’esempio è un piccione, chiamato in un secondo momento Joe, che ha rischiato di essere condannato a morte.
Il piccione Joe si salva per mano dello stato australiano: ma non è il primo caso
Una storia davvero complessa, che poteva finire in tragedia. Parliamo di un piccione che ha percorso ben 13mila chilometri, dall’Alabama a Melbourne, dagli Stati Uniti d’America all’Australia per intenderci.
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Il piccione si chiama Joe. E ha rischiato di essere condannato a morte perché ha violato le rigide restrizioni inerenti alla quarantena che vietano l’importazione di animali vivi o uccelli. Per lui, allora, sono nate subito campagna social.
A trovare il volatile, il giorno di Santo Stefano, era stato Kevin Celli-Bird, residente proprio a Melbourne. Il piccione, alla zampa, aveva un cartelli che ne identificava la provenienza. Quest’ultimo, infatti, ha dichiarato: “Il piccione sfoggiava un cartellino contraffatto, per questo motivo non deve essere distrutto per motivo di biosicurezza, l’Australia è la sua casa”.
Parole dure, ma allo stesso tempo forti. Un vero difensore della pratica animale. Non si capisce per quale motivo il piccione avesse il cartellino contraffatto, ma poco importa. I Dipartimenti di Ambiente, Agricoltura e Acqua hanno dichiarato che il piccione deve rimanere, vivo, in Australia.
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Tempo addietro successe un fatto simile a Johnny Depp, che assieme a quella che allora era sua moglie, Amber Heard, portò i suoi cani in Australia per le riprese del film “I Pirati dei Caraibi”. Le autorità lo accusarono di averlo fatto di nascosto ed erano pronti a sopprimere i cani. Sole scuse pubbliche, dinanzi a una vasta platea, fermarono il brutale atto.