Italia, zona rossa: come accudire le colonie feline e cosa si rischia

Italia, zona rossa: come accudire le colonie feline e cosa si rischia

Come comportarsi con le colonie feline con le restrizioni del governo

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Colonie feline

Alla luce delle nuove disposizioni del Governo per gestire e contenere l’epidemia da Covid-19 meglio noto come Coronavirus, si sono sollevati molti interrogativi sulla gestione degli animali. Non solo quelli domestici, per cui molti proprietari nella confusione iniziale hanno espresso non poche preoccupazioni chiedendosi se fosse permesso portare fuori il cane o se era possibile uscire di casa per acquistare il cibo per gli animali.

In questo ambito, sorgono molti dubbi sul tema degli animali vaganti, tra i quali la gestione delle colonie feline.

Che cos’è la colonia felina

La colonia felina è riconosciuta dalla Legge n. 281 del 1991. La richiesta deve essere presentata alla Asl Veterinaria territoriale da un responsabile che richiede di poter accudire dei gatti del quartiere.

La colonia felina si fonda su alcuni principi inderogabili. Ovvero: i gatti liberi sono protetti dallo Stato, è vietato maltrattarli, le autorità sanitarie hanno l’obbligo di sterilizzarli in accordo con i comuni, è vietato allontanare i gatti dal luogo di rifugio, i cittadini possono nutrirli in rispetto delle norme igenico sanitarie.

Si tratta dunque un’aggregazione di gatti che vivono in una determinata area che può essere pubblica o condominiale. Ottenere la denominazione di colonia felina contribuisce a una migliore gestione dei gatti. La richiesta va presentata al Comune e alla Asl veterinaria che provvede alla sterilizzazione dei gatti e alle loro cure. Di norma viene nominato un responsabile. Può essere lo stesso Comune a presentare la richiesta di colonia felina e a nominare un responsabile o un volontario che viene incaricato a gestire la colonia provvedendo all’alimentazione dei gatti e alle loro cure. Le spese per le cure veterinarie saranno a carico dell’ente. E’ possibile creare dei rifugi per i gatti apporre una cartellonistica a tutela della colonia. La norma può variare a seconda delle regioni e dei comuni.

Colonia felina con decreto zona rossa

Sette vite dei gatti
(Foto Pixabay)

Dopo l’introduzione del Decreto del 9 marzo con il quale il Governo ha introdotte delle misure per contenere la diffusione del coronavirus, si è sollevato giustamente il problema di come provvedere alle cure delle colonie feline.

Sul tema sono intervenute le organizzazioni animaliste da Enpa alla Lav, rassicurando i cittadini.

Ovvero, la gattara autorizzata deve continuare a occuparsi della sua colonia felina in quanto la circostanza è uno “stato di necessità”: i gatti (che sono tutelati dalla legge) non sarebbero infatti accuditi e alimentati e sarebbero esposti a maltrattamento e a abbandono. Un problema anche di pubblica utilità in quanto i gatti se non più curati potrebbero disperdersi e creare di conseguenza un problema igienico sanitario.

Trattandosi di uno stato di necessità è dunque possibile continuare a prendersi cure delle colonie feline anche al di fuori del proprio territorio comunale.

Tuttavia, è utile ricordare che alcune Prefetture potrebbero richiedere la dichiarazione dell’Ente o dell’associazione di appartenenza o il modulo Asl di assegnazione diretta e nominativa della colonia felina.

La Lav ha messo a disposizione un servizio per le “gattare”, condividendo e mettendo a disposizione il modulo di autocertificazione ricordando che per legge l’accudimento degli animali è uno stato di necessità.

Per approfondire: SULLA NECESSITA’ DI ACCUDIRE ANIMALI

Speciale animali e zona rossa–>

C.D.

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