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Intervista a Roberto Marchesini. La mente degli animali: verso un’evoluzione nella consapevolezza?

Roberto Marchesini, etologo, filosofo

Mente animale. Intervista a Roberto Marchesini, etologo e filosofo

Il regno degli animali affascina e ci pone di fronte a numerosi interrogativi. Tra sentimenti, istinto e comunicazione. Il desiderio di comprendere il linguaggio di altre specie, di relazionarci e d’interagire. Roberto Marchesini ha recentemente pubblicato il suo nuovo saggio “Etologia cognitiva. Alla ricerca della mente animale”, Apeiron Edizioni. Una riflessione con la quale attraverso l’etologia cognitiva, l’etologo e filosofo esplora il comportamento animale. Si tratta di un approccio innovativo con il quale viene osservato l’animale nella sua totalità, non come come oggetto, privo di sentimenti, con comportamenti automatici o semplicemente istintivi.

Roberto Marchesini, Etologia cognitiva. Alla ricerca della mente animale, Apeiron Edizioni (copertina)

Entrare nella mente degli animali, significa comprendere le loro emozioni, le motivazioni, le rappresentazioni e le altre funzioni o facoltà. La società contemporanea è senz’altro giunta ad un bivio per cui non è più possibile ignorare la natura che ci lega ad ogni essere e quanto l’esistenza umana dipenda da quella degli altri esseri viventi.

Amoreaquattrozampe, seguendo gli interventi di Marchesini, ha cercato di fare chiarezza su molti aspetti riguardo alle nostre relazioni con gli animali. Ponendosi non in un’ottica “antropocentrica” o “specista” quanto invece, percorrendo linee obiettive che derivano da fatti, intuizioni, esperienze e sensazioni condivise con chi vive e lavora al fianco degli animali.

La distinzione evidenziata da Roberto Marchesini nell’intervista, tra coscienza e consapevolezza nella mente degli animali, porta sicuramente a nuovi interrogativi anche per gli stessi esseri umani, aprendoci canali per un’altra comunicazione nella relazione con l’altro, che sia animale o umano.

Intervista a Roberto Marchesini

Il tema animali negli ultimi anni sta letteralmente destando l’interesse degli utenti, della cronaca e dei media. Un fenomeno alla ribalta. Perché secondo lei?

Sicuramente stiamo vivendo una realtà dove l’essere umano si è molto allontanato dalla natura, ha un rapporto molto forte con le macchine e tutto questo ci porta in qualche modo una sorta di nostalgia verso il mondo della natura di cui abbiamo un grande bisogno.

Come diceva giustamente Philip Dick*, più l’uomo si circonda di macchine più avrà bisogno degli animali perché le macchine sono performative ma fredde, viceversa l’essere mano da sempre è stato abituato a vivere in mezzo a un mondo di animali. Questa è la società dove la presenza animale è quasi desertificata e il grande rischio è che le persone non vedano più gli animali per quello che sono ma vedano in loro solo delle forme. Non siamo più capaci di osservare e accettare la diversità degli animali.

Seguendo ormai da diversi anni “l’attualità animale”, sono emersi molti fenomeni alquanto sbalorditivi. Casi di amicizia tra animali appartenenti a specie diverse, fedeltà assoluta di animali pronti a lasciarsi morire per il loro compagno, espressioni di affetto. Molti sostengono che proiettiamo sentimenti umani. Tuttavia, vi sono elementi obiettivi che possiamo trarre da determinati comportamenti. Dal suo punto di vista di etologo e filosofo, alla luce delle più recenti ricerche sul regno cognitivo animale, è l’essere umano ad aver fatto un balzo di consapevolezza, o sono gli animali ad essere evoluti?

Per rispondere a questa seconda domanda, occorre innanzitutto sottolineare che esiste, sì, un antropomorfismo banale, sbagliato dal punto di vista scientifico, che si ha quando io attribuisco alle altre specie caratteristiche tipiche della specie umana e quando penso per esempio che l’abbraccio sia una comunicazione universale per dire “ti voglio bene” quando in realtà è una comunicazione tipica dei primati e per il cane vuol dire tutt’altro e cosi per il gatto.

Tuttavia, al contempo, esiste un antropomorfismo che in realtà non è proprio tale, nel senso che quando prendiamo in considerazione alcune caratteristiche innate nei mammiferi, per esempio l’amore materno o la tendenza al gioco, non stiamo attribuendo a questo animali dei caratteri umani ma stiamo riconoscendo dei caratteri che condividiamo, caratteri propri di tutti i mammiferi, pertanto non stiamo facendo una proiezione, ma stiamo riconoscendo quei caratteri comuni che tutti i mammiferi hanno ereditato da un progenitore comune.

Amicizia tra specie diverse

Ecco che possono nascere rapporti di amicizia tra specie diverse. Come esiste l’affiliazione tra essere umano e le altre specie, cosi può nascere affiliazione tra un cane e un cavallo, una capra e un maiale, un cane e un gatto. E questi possono essere rapporti di affiliazione e di amicizia molto forti. Io ho potuto personalmente osservare l’amicizia profonda tra la mia cagna e una gatta con cui viveva costantemente insieme, quindi non mi meravigliano queste cose perché fanno parte di quella che è l’affettività: i comportamenti parentali che sono tipici dei mammiferi.

Per quanto riguarda l’avere fatto un balzo di consapevolezza, non c’è dubbio, siamo noi che giorno dopo giorno scopriamo che gli animali non sono quegli automi che Cartesio ha pensato nel ‘600, sempre più gli animali ci fanno capire che sono molte le cose in comune che abbiamo e che è corretto fare non una proiezione ma una comparazione come quando si fa anatomia comparata.

Grazie all’etologia, abbiamo imparato a osservare gli animali non più attraverso uno sguardo sprezzante ma cercando di capire le loro caratteristiche, la loro diversità, le loro doti e nell’analizzare e osservare gli animali ci rendiamo sempre più conto che esistono tante omologie, cioè tante caratteristiche comuni nate dal fatto che come diceva Darwin gli esseri viventi non sono stati creati separatamente su progetti distinti ma sono il frutto di un processo di progenitura comune, quindi siamo, più o meno lontanamente, tutti parenti; in effetti ci sono animali che ci assomigliano molto e con cui abbiamo tante caratteristiche comuni, per esempio i primati, e ci sono animali con cui comunque condividiamo tantissime caratteristiche, e sono i mammiferi in generale.

Via via che ci allontaniamo sulla scala di progenitura comune e risaliamo l’albero genealogico, le caratteristiche di somiglianza diminuiranno e occorre constatare che gli animali son molto differenti tra loro, per cui non è corretto paragonare uno scimpanzé a una medusa. I tratti in comune tra scimpanzé ed essere umano sono talmente tanti da far quasi fatica a individuare una distinzione.

Mente animale

Gli stessi animali che condividono il loro quotidiano al fianco delle persone, il loro habitat, si sono evoluti anche loro?

I mammiferi hanno una identità di specie che è data dal loro innato: nascono con determinate tendenze, propensioni, pulsioni e conoscenze innate, vale a dire tutto ciò che è istintivo e non ha bisogno di essere appreso.

Tuttavia, animali come i mammiferi (pensiamo al cane e al gatto che sono gli animali che maggiormente condividono le loro vite con l’essere umano) e gli uccelli che hanno anche una identità individuale, cioè il loro innato può essere considerato come una specie di menabò che va completato, cioè nascono come dei semilavorati e oltre ad avere una caratteristica di specie declinano questa loro appartenenza, cioè il loro essere cane o essere gatto, in individualità.

L’individualità è il modo unico e irripetibile di essere cane o essere gatto e fa si che quel soggetto sia fortemente correlato all’ambiente e alle esperienze che ha fatto. Quindi è normale che vivendo all’interno di un ambiente condiviso come può essere la casa cane e gatto iniziano ad assomigliare un po’ all’essere umano cioè ad avere abitudini, stili e conoscenze condivise e questo fa si che ci sia una somiglianza per convergenza di sviluppo, ovviamente, non una somiglianza per caratteristiche comuni ereditate

Relazioni animali

Roberto Marchesini

Gli animali ci osservano?
Certo, gli animali ci osservano costantemente. Animali come i cani, che vivono una dimensione sociale basata sul fare gruppo per operare, per fare delle attività, ci osservano per capire quale sia il loro ruolo nel gruppo, quale ruolo abbiamo noi, quali sono le nostre competenze, i nostri stili, quali sono le nostre abitudini e anche per interagire correttamente con noi, per chiederci delle cose, per aspettarsi delle cose, per trovare delle convergenze, delle cooperazioni, quindi certamente ci osservano.

Anche i gatti ci osservano, perché siamo per loro una dimensione di vita. Il gatto non ci considera come un partner con cui fare delle attività, perché è un solista quindi ha un comportamento sociale che è più conviviale rispetto al cane che invece ha un comportamento sociale che va nella direzione della collaboratività; però il gatto vuole sapere chi siamo e cosa si può aspettare da noi quindi ci osserva e ci guarda in maniera diretta e non è un caso che il filosofo Derrida** rimase in qualche modo pieno di pudore nel sentire gli occhi della propria gatta mentre lui si trovava nudo. Questi occhi che ci scrutano in qualche modo possono far comprendere che ci troviamo di fronte a un soggetto e non a una macchina.

Comunicazione animale

Cosa significa comunicare con gli animali?
Significa innanzitutto cercare di capire il loro linguaggio perché la comunicazione è proprio una di quelle caratteristiche che è bene non antropomorfizzare perché ogni specie ha i propri codici di comunicazione, il proprio linguaggio e una traduzione maccheronica. Visti i tanti false friends che ci sono fra le specie rischia sempre di portare al fraintendimento quindi è buona cosa conoscere la semiotica, l’insieme dei segni utilizzati in comunicazione da una specie e saperli interpretare correttamente un segno ovviamente avrà un significato differente a seconda del contesto in cui viene espresso e a seconda degli altri segni con cui viene associato, ma la comunicazione è molto importante perché è saper interpretare e ascoltare ciò che l’altro ci sta dicendo.

Poi naturalmente occorre sapere a nostra volta a comunicare e qui il grosso problema delle persone è che sono abituate a comunicare molto con il medium vocale e verbale e questo non sempre aiuta nel senso che un cane può sicuramente imparare a conoscere certe parole pero per lui è difficile metterle in un contesto di sintassi, quindi io consiglio sempre di imparare a comunicare con il corpo, col gesto con le posture le geometrie degli spazi cioè la prossemica, fare un po’ il mimo perché questo aiuta il cane a il nostro amico a quattro zampe cosa vogliamo da lui.

Consapevolezza animale

È scomodo secondo lei parlare di “coscienza” degli animali? Perché?
Non è scomodo, assolutamente: la coscienza è una funzione della mente, non è questa cosa incredibile a cui diamo tanta importanza. In realtà la nostra vita è una vita molto più ricca rispetto a quella della coscienza cioè noi abbiamo un inconscio che naviga e produce tantissimo non solo nella fase onirica e negli stati alterati di coscienza ma nella quotidianità.

Diciamo che noi umani tendiamo a dare per un fattore culturale molta importanza alla razionalità alla coscienza che rappresentano certo funzioni importanti ma non la funzione. Cosa serve essere consapevoli di qualcosa? Ad avere un’attenzione focalizzata su qualcosa: quando un animale deve apprendere qualche cosa di nuovo e porre grande attenzione a quello che sta succedendo, è chiaro che deve illuminare quello che sta succedendo, la consapevolezza somiglia un po’ a puntare la torcia del proprio cervello su qualche cosa e, quindi, certo, gli animali hanno bisogno di poter fare questo quindi non ci vedo niente di particolare, non do importanza alla coscienza ma nemmeno la nego.

Cosa direbbe a chi ancora oggi maltratta gli animali o li considera ancora in un’ottica seicentesca “esseri meccanici” privi di sentimenti?
Considero che queste persone non vogliano guardare la realtà, come se io ancora oggi pensassi che la Terra è al centro del mondo e tutto il resto le girasse intorno, è come se pensassi che durante una combustione si libera il flogisto o considerassi ancora che la Terra è piatta: è un modo di barricarsi dietro a pregiudizi per poter portare avanti delle idee che sono soprattutto giustificazioni di certi comportamenti.

Penso che sempre più le persone abbandoneranno, certo i pregiudizi è chiaro tendono ad aver delle loro resilienze pero alla fin fine la scienza ci sta aiutando a crescere e ad abbandonare i pregiudizi antropocentrici.

Come vede il futuro degli animali?
Non bene perché tendenzialmente l’essere umano sta portando una grandissima crisi ecologica, quindi non è tanto il fatto dell’individuo animale che magari può anche essere rispettato di più, vedo che c’è un interesse per l’individuo animale, le persone si scandalizzano se vedono un maltrattamento, certamente questo aspetto si sta evolvendo nella morale delle persone.

Purtroppo quello che non si sta evolvendo è la distruzione massiva di interi ecosistemi, quindi migliaia di animali che vengono massacrati, che non hanno futuro perché non hanno risorse, che vengono scacciati dai loro territori, che vengono distrutti senza che le persone se ne rendano conto perché la foresta amazzonica non è qui, le grandi foreste temperate non sono qui, gli oceani non sono sotto i nostri occhi, ma la distruzione massiva sta andando avanti a velocità esponenziale, cioè ogni anno aumenta la capacità distruttiva dell’essere umano, aumenta la bomba demografica, quindi il consumo di risorse da parte dell’essere umano, aumenta la polluzione, cioè l’inquinamento degli ambienti, aumenta il livello del riscaldamento globale, quindi purtroppo non vedo un futuro roseo.

Ringrazio per l’intervista e per aver dato un contributo alla maggior comprensione rivolta al regno animali.

Per maggiori approfondimenti, se sei interessato, consulta il blog di Roberto Marchesini, clicca: Marchesinietologia

Carlotta Degl’Innocenti

Note:

* Philip Dick Philip Kindred Dick (1928–1982) è stato uno scrittore statunitense.Divenne un vero e proprio scrittore di culto, anche in seguito al successo del film Blade Runner del 1982, liberamente ispirato a un suo romanzo), venendo dunque rivalutato come un autore postmoderno, precursore del cyberpunk e, per certi versi, antesignano dell’avantpop

** Jacques Derrida (1930–2004), è stato un filosofo, saggista, accademico ed epistemologo francese.

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