Un fenomeno che sta troppo spesso dilagando ultimamente sui social network è quello di farsi delle foto con qualsivoglia animale, dal piccolo cucciolo di cane al grosso felino selvatico quale il leone e postarla sui social network. Troppo spesso vediamo nei circhi e nei parchi zoologici, Persone intente a fotografarsi e ritrarsi vicino ai poveri animali tenuti in gabbia e dietro dei vetri. Ma la cosa che più sconvolge è che nessuno si rende conto che quel singolo scatto può veramente ledere la dignità e la vita psicologica di un animale. Ora spiegheremo in che modo. La maggior parte delle persone che visitano i parchi zoologici e gli acquari e ignaro del fatto che l’animale vive in una condizione di stress perenne. Quell’animale abbracciato appoggiato sul collo solo per permetterci di scattare una foto per noi potrà sembrare una banalità mentre per quell’animale è simbolo e sinonimo di stress.
Questo fenomeno sta seriamente preoccupando la World Animals Protection, Infatti i dati registrati dal 2014 ad oggi mostrano come si social media ci sia un aumento del 292% di selfie con animali. Su 34 miliardi di immagini postate da 700 milioni di utenti, ci sono decine di migliaia di foto con animali. La World Animal Protection invita tutti a firmare il suo “Selfie code”, un codice-petizione diffuso online in cui spiega come ci si dovrebbe comportare in presenza di animali per evitare errori.
Zero tolleranza verso chi sfrutta e maltratta gli animali. Lo ha dichiarato Instagram, che da oggi si impegna a disincentivare i comportamenti che potrebbero danneggiare i nostri amici a quattro zampe. L’azienda di proprietà di Facebook, che da poco ha creato una versione di Messenger per minori di 13 anni per la tutela alle violenze, ha chiesto agli utenti di segnalare tutti i post contenenti foto con animali che possono violare e ledere la policy in materia di vendita e maltrattamento.
Ecco come si procede: ogni volta che verrà fatta una ricerca con determinati a hastag tipo «#koalaselfie» o «#slothselfie» (selfie con koala o bradipo) il social network di proprietà di Facebook mostrerà agli utenti un avviso per far capire che “l’abuso di animali e la vendita di specie minacciate o di loro parti non è consentita su Instagram”. Il sito segnalerà tutte quelle foto “abuso” che circolano sul web e che diventano virali in poco tempo: “possono essere associati a post che incoraggiano comportamenti dannosi per gli animali o per l’ambiente”. L’iniziativa è lanciata in collaborazione con WWF, Traffic e World Animal Protection.
Non è la prima volta che compaiono atti di maltrattamento e di abusi a danno degli esseri animali sui social; A febbraio dello scorso anno, in Argentina, uno gesto che divenne purtroppo virale fu quello del delfino “catturato” da dei bagnanti per permettere loro di farsi un “selfie col delfino”. L’esemplare morì poco dopo. Tantissimi animali esotici Con i quali i turisti chiamano scottarsi foto insistenti sono vittime di abusi segreti. Vengono tenuti in gabbia, al buio, per ore legati delle corde e tirati fuori per “l’occasione“. Accade anche in Brasile dove in cambio di pochi spicci, chiunque può farsi ritrarre con uno dei rettili più grossi e pericolosi al mondo, l’anaconda, senza la minima considerazione.
Ma anche con coccodrilli tirati fuori da celle anguste, o delicati bradipi prelevati da teche di vetro e messi al collo dei bambini ignari di tutto il male che sta accadendo intorno a loro. Tanto che perfino in Amazzonia, a Manus in Brasile o a Puerto Alegria in Perù, si sono registrati casi di maltrattamento e violenza fisica a danno di animali protetti: animali ritrovati feriti, disidratati o con malattie. A volte i detentori di questi animali usano medicinali e blandi anestetici per rendere queste creature innocue e disorientati. E’ angosciante.
Anche il piccolo animaletto di origini Australiane, il Quokka, è stato vittima di selfie sfrenati da parte di turisti e abitanti del posto. Lui non era per nulla a suo agio negli scatti, rivelano gli zoologi, nonostante avesse la faccia sorridente.
Per questo l’associazione ha invitato i governi a sensibilizzare i turisti sul problema e ha contattato i principali social media, da Twitter a Facebook, per farsi che un maggior numero di utenti possa rendersi conto che non solo questo sfruttamento lede alla vita di moltissimi animali ma che incoraggia in qualche modo il mercato nero del bracconaggio che spinge cacciatori di frode a catturare in maniera barbara tantissimi esemplari anche in via d’estinzione. Ci sono poi social come Tinder che hanno già promesso di censurare alcuni selfie, come ad esempio quelli con le tigri.
Un ottimo esempio che possiamo dare sarà quello di evitare di farsi foto con animali in braccio, a non scattare se questi sono stati legati o segregati in qualche modo o se appaiono in condizioni precarie. Si può invece fare una foto se l’animale è in natura, nel suo habitat, purché sia a una distanza di sicurezza e sia libero di muoversi, dunque non prigioniero.
Prima di scattare, pensiamoci sempre.
B.M
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