L’influenza aviaria non lascia dormire songi tranquilli: altre parti del mondo, tra cui l’Asia, vengono colpite da questo tragico “ritorno”.
Non solo il Covid nei mesi scorsi e in questo anno. Molte altre malattie, non della stessa portata, o quasi, colpiscono il nostro Pianeta quasi ogni anno. Alcune le accantoniamo per “pigrizia”, ma sono sempre lì, presenti.
Molto spesso fanno parte anche del mondo animale. Una su tutte è sicuramente l’influenza aviaria che molto spesso uccide milioni di polli. Un’influenza maledetta, ma che arriva anche in situazioni non proprio idonee.
Dietro l’influenza aviaria c’è un meccanismo molto complesso. Se è vero che una malattia, quando arriva, non si può sempre controllare, si potrebbe quantomeno evitare. Evitando di teneri dei polli assieme come fosse degli oggetti da buttar via. Come sempre è il pensiero alla base che deve cambiare.
Nei mesi scorsi ci eravamo occupati di questa pratica andando a toccare le “corde dell’Europa”. Ma il vecchio continente non è l’unico a essere coinvolta nel ritorno dell’aviaria. Anzi, oggi ci spostiamo oltreoceano.
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Giappone e India. Pariamo dalla nazione nipponica. Si prevede che il numero sarà molto alto, più del previsto, con una quota che va a toccare quasi i 6 milioni di esemplari. In più in alcune aziende le norme non sembrerebbero essere rispettate.
Ma sono le norme che devono essere rispettate o il modello che deve cambiare? Ad esempio in alcuni posti del mondo si sta sperimentando la carne in laboratorio, senza far del male a nessun animale. Un mondo che cambia deve essere anche sperimentato.
Le indagini, per ora, hanno comunque evidenziato che in alcuni allevamenti le linee guida non sono per niente rispettate. Quindi andranno avanti, per verificare anche la presenza di animali selvatici all’interno.
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Stessa sorte anche per l’India, con migliaia di uccelli interessati. È stato addirittura chiuso il mercato di Ghazipur, dopo il ritrovamento di alcuni uccelli. Il problema dell’influenza aviaria non lo scopriamo sicuramente oggi, ma forse, e lo ribadiamo ancora una volta, per contrastare certe malattie dovremmo iniziare a cambiare il nostro modo di pensare e, forse, anche quello di mangiare.
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