Pecore gravide maltrattate: inchiesta shock sulla sofferenza degli animali negli allevamenti per la produzione della lana. Il marchio “cruelty free” racchiude un solo significato: quello che non provoca la sofferenza degli animali. Non si tratta unicamente di una bandiera dietro la quale si radunano animalisti, vegetariani e vegani estremisti o fanatici che discutano sui social provocando delle inarrestabili discussioni senza soluzioni. Cruelty free è un marchio rivolto al buon senso della società civile quella che non fonda le proprie basi sul dolore di milioni di animali che ogni giorno vengono sfruttati solo per fini prettamente economici, prigionieri e vittime di un sistema speculativo sempre al ribasso e che non tutela il loro benessere e non rispetta la dignità di un essere vivente: dai laboratori di sperimentazione animale, passando per gli allevamenti della catena alimentare a quelli per gli animali da pellicce.
In questo scenario non possono mancare i conigli per la lana di angora oppure come emerge dall’ultima indagine Peta, le condizioni delle pecore allevate per la lana. In passato ci fu lo scandalo della lana merino al quale segue adesso l’orrore dell’allevamento Red Pine Land e Zootecnia, LLC, fornitore della Patagonia principale fornitore di lana per le aziende. Già nel 2015, Peta aveva denunciato la sofferenza delle pecore negli allevamenti di cui si avvaleva Patagonia che aveva sempre sostenuto nella sua missione di “non causare sofferenza inutile” agli animali per l’abbigliamento. Dopo lo scandalo, la stessa Peta ricorda che la multinazionale Patagonia Severed Ties creò un nuovo standard il “Patagonia Wool Standard” (PWS). Eppure a distanza di due anni, una nuova inchiesta condotta da Peta nell’aprile 2017, dimostra ancora una volta le violazioni sugli animali tra le aziende fornitrici di lana nello Utah.
Nella video inchiesta diffusa ci sono immagini agghiaccianti di pecore gravide trattate come degli oggetti. Esemplari che vengono maneggiati come merce avariata e tosature eseguite così velocemente da provocare ferite sanguinanti che ovviamente non vengono trattate e sono pertanto a rischio infezione.
Alla luce della nuova indagine, Peta denuncia diverse violazioni tra le quali: sfruttamento delle pecore gravide non maneggiate in modo adeguato, tosature violenti che provocano ferite e mutilazione in prossimità delle mammelle, del collo, delle orecchie o in altre parti del corpo. Infine, secondo l’indagine, anche i ripari in cui sono allevate le pecore non sarebbero a norma e le pecore tosate sono costrette a resistere a temperature proibitive anche per partorire.
La catena di produzione prevede anche la vendita degli agnelli per il macello all’azienda californiana Farms Superior, che la stessa Peta definisce “la più grande assassina di agnelli negli Stati Uniti”. Infatti, nel 2016, un’altra nota associazione animalista aveva mostrato le modalità violenti con le quali la Superior Farms uccideva gli agnelli, storditi con scosse elettriche e sgozzati vivi, molti ancora coscienti.
Orrori che giungono all’indomani delle nuove indagini condotte dall’associazione Essere Animali riguardo agli allevamenti di maiali fornitori del prestigioso marchio made in Italy “Consorzio prosciutto crudo di Parma”. Scenari che ci lasciano intuire quanto il rispetto verso gli animali sia ancora un traguardo lontano nell’orizzonte e l’importanza di continuare a denunciare queste violenze.
+++ IMMAGINI NON ADATTE A PERSONE SENSIBILI+++
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