Il 2017 è stato contraddistinto da numerosi incendi. E non è stato soltanto il periodo estivo ad aver visto una impennata di casi nei quali centinaia di ettari sono finiti in preda alle fiamme. Anche negli ultimi giorni si è avuta una gravissima emergenza, con i roghi divampati in Piemonte. Nella stragrande maggioranza dei casi all’origine di tutto c’è l’azione scriteriata dell’uomo, con le origini dolose degli incendi riconosciute dagli accertamenti delle forze dell’ordine. E tutti questi episodi hanno messo a dura prova la flora e la fauna delle zone interessate, al punto che diverse associazioni animaliste hanno inoltrato degli appelli in cui si chiede alle autorità preposte di fermare la caccia.
Un proposito che si vorrebbe attuare almeno nelle aree devastate dagli incendi da giugno fino ai giorni scorsi, Firmatari di questa richiesta sono l’ENPA, la LIPU ed il WWF, le quali si sono rivolte al Governo oltre che alle Regioni Lombardia e Piemonte. E va considerato che in altre parti ci sono altre problematiche che continuano a presentare gravi conseguenze quali la siccità, che pure alimenta il propagarsi degli incendi.
WWF parla di emergenza nazionale che si può arginare con la sospensione della caccia. E snocciola dei numeri. In media, in un ettaro trovano la morte 300 uccelli, 400 mammiferi di piccole dimensioni e 5 milioni di insetti a causa dell’agire dei cacciatori. Una delle conseguenze di ciò è lo spostamento della fauna in altre aree, e questo comporta degli squilibri negli ecosistemi locali. Gli animali migrano per sfuggire alla situazione di pericolo causata dalle fiamme ed ora anche dagli uomini armati di doppiette, e tutto questo causa loro un enorme, insostenibile stress.
E non mancano riferimenti agli incendi degli ultimi giorni in Piemonte, oltre che a quelli verificatisi il 25 ottobre scorso nel Parco regionale ‘Campo dei Fiori’, sul territorio lombardo di Varese. Anche LIPU chiede una tregua, visto e considerato che quella zona fornisce ospitalità ad alcune specie di volatili anche rare. Gheppi, sparvieri, falchi pellegrini, poiane, falchi picchiaioli, nibbi e molti altri uccelli sono sovraesposti al pericolo, allo stesso modo di parecchi mammiferi terreni come volpi, tassi, cervi, caprioli…e si parla di una stagione di caccia “che non avrebbe dovuto essere aperta”.
Più diretta l’azione dell’ENPA, che ha mandato tantissime email in serie alla Regione Piemonte e parla di devastazione senza precedenti. Senza una azione dettata dal buonsenso, le conseguenze anche per le persone e per le attività economiche saranno molto gravi e difficili da debellare. Non bastano provvedimenti isolati. L’assessore all’Agricoltura del Piemonte, Giorgio Ferrero, per fortuna ha recepito queste problematiche, e la Giunta ha vietato la caccia in un’area di 538 mila ettari frequentata in media da 6.200 cacciatori. Il divieto andrà avanti fino al prossimo 30 novembre nelle aree seguenti: Valli Pellice, Chisone e Germanasca, quindi Bassa Valsusa e Val Sangone, ancora Valle Orco, Soana e Chiusella, infine Valle Varaita e Valle Stura.
Per le aree limitrofe a quelle toccate dagli incendi (Alta Valsusa, Valli di Lanzo e gli ambiti territoriali dell’Eporediese, del Basso Canavese e del Pinerolese) la sospensione varrà fino al 10 novembre. Sempre Ferrero dice che quanto prima le aree interessate dai roghi verranno poste in sicurezza e vietate alla caccia “per i prossimi dieci anni”. La speranza è comunque che gli interessi che girano intorno alla caccia non abbiano la meglio. Tra l’altro ci sono altre polemiche feroci riguardo al comportamento dei cacciatori.
A.P.
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