Nessuno potrebbe rassegnarsi ad un’esperienza traumatica come quella che ha dovuto affrontare una giovane donna Michelle Smith. Lo scorso sabato 18 febbraio era andata a trovare degli amici con i suoi due bellissimi pitbull, Trouble e Riots. Al momento dei saluti, il suo dolce Trouble riesce a scappare dal cancello di casa e la donna disperata tappezzò ogni angolo della località con volantini, lanciando appelli sui social per ritrovare il suo cane.
A distanza di una settimana, qualcuno segnala a Michelle che il suo cane forse era stato portato in un canile della città, a Las Vegas. La donna non aspetta un secondo e senza neanche telefonare si precipita presso il canile municipale dove scopre di essere arrivata troppo tardi.
Trenta maledetti minuti: l’hanno separata per sempre dal suo amato compagno a 4zampe. Infatti, la donna ha scoperto che il cane era stato sottoposto all’eutanasia, come prassi nei canili americani, dopo neanche trenta minuti dal suo arrivo nel canile.
Lo staff e gli operatori della struttura municipale si sono giustificati, affermando che il cane era stato investito e che era arrivato in canile con una “zampa fratturata, un trauma cranico, lacerazioni multiple, escoriazioni e sospette emorragie interne”.
Per questo i veterinari avrebbe deciso di sopprimerlo. Ma Michello non riesce a rassegnarsi e sui social ha denunciato l’orrore che ha vissuto, condividendo l’ultima fotografia del suo amato Trouble, scattata in canile. Il cane è in piedi e non sembra poi così tanto ferito.
La stessa Michelle denuncia nel post: “Mi hanno detto che aveva due zampe fratturate e che stava soffrendo. Mi chiedo come sia possibile che un cane che soffre con due zampe fratturate abbia l’energia di stare in piedi? A me sembra che stia bene nella foto!!?”.
Il caso ovviamente ha scatenato un’ondata di polemiche. Molti utenti hanno criticato la proprietaria, sottolineando che se il cane fosse stato microchippato tutto ciò non sarebbe accaduto. Alle critiche la donna ha replicato che il tema del microchip non è importante, quanto invece il fatto che abbiano soppresso l’animale dopo neanche 30 minuti dal suo arrivo. Una procedura che non viene applicata neanche sui randagi. Le due donne che hanno trovato Trouble, portandolo al canile, hanno anche loro confermato di aver contattato dopo qualche ora la struttura per avere notizie sulle condizioni del cane e di aver appreso che era stato soppresso dopo mezz’ora dal suo arrivo. Una notizie che le aveva colpite per cui hanno avuto un aspro confronto via chat con gli operatori stessi, inviando in un secondo tempo a Michelle gli scambi, come prova dell’incoerenza di come è stato gestito il caso.
Rammarico, impotenza e profonda tristezza nell’animo di Michelle che non ha potuto proteggere il suo amato cane. Tra gli aggiornamenti pubblicati sul suo profilo riguardo a tutta la vicenda, racconta anche la tristezza di Riots rimasto senza il suo amico:
“Non riesco più a mandare fuori Riots in giardino da solo a fare la pipì. Solo al pensiero di non vederlo sto male. Non mi lascia un istante non sa più con chi giocare, fa avanti e indietro, sconfortato. Mi piange il cuore vederlo in quelle condizioni. L’ho portato con me al lavoro in questi giorni. Devo trovare il coraggio di andare avanti”, ha scritto Michelle.
Molto probabilmente, il piccolo Trouble è stato vittima della discriminazione nei riguardi della razza pitbull. Cani numerosi nei canili americani, perché essendo di moda vengono presi da molte persone incapaci a gestirli che poi li abbandonano. Forse, lo staff del canile avrà pensato “eccone un altro” e non avendo spazio, potrebbe aver preferito sopprimerlo, pensando ad un ennesimo abbandono. Questa volta invece si trattava di un amico, un compagno, un cane molto amato.
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