Il suo cane è malato terminale, ma lei si rifiuta di sopprimerlo accusata di crudeltà

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By Loriana Lionetti

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L’amore verso il proprio cane può manifestarsi in tanti modi diversi, molto spesso anche difficili da accettare.

Il suo cane è malato terminale, ma lei si rifiuta di sopprimerlo accusata di crudeltà
Il suo cane è malato terminale, ma lei si rifiuta di sopprimerlo accusata di crudeltà (Foto Canva-Amoreaquattrozampe.it)

Sono tantissime le persone che hanno infatti dovuto compiere scelte difficili per il proprio amico, magari per via di condizioni cliniche complesse e che non permettevano di proseguire la vita in maniera dignitosa e senza soffrire, non era mai successo pero che un padrone fosse chiamato a rispondere di maltrattamenti verso il proprio cane proprio per aver deciso di non procedere con l’eutanasia. Il singolare caso arriva dal Massachusetts e la protagonista è Maryann Russo, una donna che sta facendo parlare tutto il mondo per via della sua scelta in grado di dividere nettamente in due l’opinione pubblica.

Si rifiuta di operare il cane e poi di procedere con l’eutanasia: Gravi accuse per maltrattamento sul suo cane di 14 anni

Il suo cane è malato terminale, ma lei si rifiuta di sopprimerlo accusata di crudeltà
Il suo cane è malato terminale, ma lei si rifiuta di sopprimerlo accusata di crudeltà (Foto Canva-Amoreaquattrozampe.it)

Lo sfortunato cagnolino di questa storia non è decisamente un giovanotto, il suo nome è Tipper ed ha vissuto una vita serena per 14 anni, fin quando una massa ha fatto comparsa sul suo fianco. Dopo la prima visita dal veterinario vi sono stati subito pochi dubbi, la massa andava tolta, ma operare un cane di 14 anni lo sottopone senza dubbio a grossi rischi ed è per questo che la sua padrona ha deciso di desistere.

Solo 3 settimane dopo la prima visita, ad ogni modo, la situazione è peggiorata radicalmente, l’animale non riusciva a respirare, la massa era divenuta necrotica ed a questo punto restava poco da fare se non l‘eutanasia, così come consigliato dell’esperto. Anche in questo caso Maryann non ha pero avuto la forza di procedere, decidendo di tornare a casa aspettando la fine per il suo cane in un luogo a lui familiare.

Purtroppo per Tipper non c’è stato nulla da fare ma la decisione della donna ha avuto conseguenze inaspettate, dopo 7 mesi la faccenda è finita in tribunale, la denuncia nei suoi confronti parlava di atti che ledevano il benessere del cane e lo costringevano a sofferenze degne di essere punite dalla legge. La Corte Distrettuale di Quincy e la Corte d’appello hanno tuttavia stabilito l’innocenza della donna, dividendo in due l’opinione pubblica.

Le scelte, probabilmente sbagliate di Maryann hanno senza dubbio portato il povero Tipper ad una fine non leggera, ma resta di fatto che è stato il forte legame della padrona con il suo animale a rendere difficile tali scelte. I diritti del proprietario di scegliere per il proprio animale si sono qui scontrati con alcuni “obblighi” morali, facendo emergere come forse vi sia un buco, anche legislativo, da risolvere.

È forse giusto che in questi casi sia il veterinario a stabilire con potere esecutivo come procedere? Per alcune persone si, per altre invece no. La storia di Maryann e Tipper evidenzia complesse intersezioni tra sentimenti, etica e legge nella cura dei nostri amici a 4 zampe, il dibattito resta però acceso e difficile da smorzare, ma senza dubbio è evidente come la strada migliore non possa essere che quella di equilibrare empatia e responsabilità.

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