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La Cina raccomanda un farmaco a base di bile di orso, scoppia la polemica

Il farmaco con la bile di orso, pareri contrastanti e forti polemiche sul farmaco raccomandato dalle autorità cinesi per curare i casi più gravi da Covid-19

La lotta al coronavirus (Foto Pixabay)

 

L’attuale periodo, reso difficile dalla lotta al Covid-19, sta scatenando, com’era inevitabile, una corsa disperata a trovare il vaccino più efficace e risolutivo, in breve tempo possibile. Gli esperimenti condotti finora sono tanti ma c’è una notizia che lascia tutti con il fiato sospeso. E’ stata diffusa dall’Eia (Environmental Investigation Agency), l’agenzia investigativa ambientale di Londra che ha segnalato, tra quelli raccomandati dalla Commissione Nazionale Cinese per la Salute, l’inserimento di un farmaco denominato Tan Re Quing in quanto ritenuto valido contro il coronavirus. Il medicinale consiste in un trattamento a base di bile di orso che sta destando preoccupazione e polemiche negli ambienti scientifici.

Il farmaco con la bile di orso, opinioni contrastanti e polemiche

Orso con sguardo malinconico (Foto Pixabay)

La notizia è stata riportata dalla pagina internazionale del National Geographic sostenuta anche dalla settima revisione del documento intitolato “Diagnosi e terapia della nuova polmonite da coronavirus” il quale è stato pubblicato dalla Commissione Sanitaria Nazionale Cinese (NHC).

Il testo, citato anche dalla stampa governativa Xhinua contiene un elenco aggiornato delle terapie consigliate per affrontare l’emergenza della pandemia, in cui riportato anche il medicinale citato. Quest’ultimo viene impiegato tramite infiltrazione per la cura della malattia ed è stato suggerito per la cura dei casi più gravi. Il Tan Re Qing viene impiegato dai professionisti della medicina tradizionale cinese per trattare la bronchite e le infezioni delle vie respiratorie superiori.

Tale scelta, ha comportato una serie di pareri oppositivi, incluse le dichiarazioni di esperti del settore che hanno effettuato delle precisazioni in merito agli effetti del farmaco. Uno di questi è stato il professor Clifford Steer, docente dell’Università del Minnesota di Minneapolis che ha affermato di non essere a conoscenza di eventuali vantaggi apportati dall’applicazione di tale cura ma suggerisce che potrebbe avere degli effetti. Il suo principio attivo infatti si distingue dagli altri acidi biliari per alleviare i sintomi del covid-19 a causa delle sue proprietà anti-infiammatorie.

A tal proposito, mette in evidenza il fatto che, ammettendo l’ipotesi che possa rivelarsi utile, l’acido ursodesossicolico esiste in versione sintetica da anni, dunque non è necessario avvalersi degli animali per utilizzarlo. Tale affermazione mette in luce il terribile controsenso della decisione adoperata dal governo cinese il quale, nel febbraio scorso ha vietato  della carne degli animali selvatici. L’acido ursodesossicolico viene principalmente impiegato anche come ursodiol, clinicamente testato per dissolvere i calcoli biliari e curare le malattie del fegato.

Il dibattito sull’utilizzo errato degli animali scopi al di fuori del consumo alimentare

Sperimentazione sulle malattie (Foto Pixabay)

Pertanto, nonostante il veto sono tanti gli animali che vengono utilizzati per altri scopi. Al riguardo, Aron White di EIA ha sottolineato la discordia del contenuto dei messaggi diffusi dalle autorità cinesi. “Molte persone in Cina hanno chiesto significative restrizioni da adottare per il commercio degli animali che deve riguardare l’esclusione di qualsiasi fine legato al loro impiego, compreso quello l’ambito medico. Rivolgiamo il nostro appello alle autorità cinesi di rivedere le regole di tutela della fauna selvatica. Una cosa fondamentale in un momento così delicato come questo.”

Inoltre, i sostenitori della fauna selvatica sostengono che il farmaco utilizzato nelle iniezioni contenga anche polvere di corno di capra ed estratti di diverse piante che potrebbero incentivare il commercio illegale di tali prodotti, spingendo così anche al bracconaggio. La difficoltà della diffusione di tali pratiche risiede anche nel radicamento che la medicina tradizionale cinese, praticata dal 1900, esercita sulle tradizioni orientali. Le cure tradizionali sono spesso approvate dal governo come pilastro della cultura cinese l’85% dei pazienti COVID-19 riceve una qualche forma di trattamento a base di erbe, secondo il Ministero della Scienza e della Tecnologia.

Speriamo che le richieste dell’ente vengano accolti e si riesca a capire che eliminare questo circolo di crudeltà, giova non solo al benessere degli animali ma anche alla nostra salute e al nostro animo umano.

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Benedicta Felice

 

 

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