Il cane nella poesia, un excursus poetico sulle narrazioni dei personaggi più illustri del panorama letterario ed artistico italiano dedicate ai cani
Gli animali hanno fatto innamorare intere generazioni di poeti, letterati, attori di ogni genere televisivo o cinematografico. Tali personaggi illustri hanno offerto spontaneamente il loro omaggio verso gli amici a quattro zampe dedicando un loro pensiero verso la fedeltà, la dolcezza e la devozione che essi sono in grado di dimostrare nei confronti dei loro padroni e di tutto il genere umano. Ogni componimento si sofferma su un dettaglio tipico di ciascun animale, evidenziando gesti e tratti salienti che li caratterizzano. Scopriamoli, immergendoci nella lettura.
Il cane nella poesia, tra gesti quotidiani e sensazioni provate dagli illustri padroni
Uno dei più celebri personaggi che si distinse fu Totò (1898-1967) l’attore comico ritenuto il maggiore interprete nella storia del teatro e del cinema italiano, soprannominato per le sue qualità comiche “il principe della risata”. Nato nel rione Sanità, considerato il centro della “guapperia” napoletana ebbe un’infanzia abbastanza difficile, trascorsa in condizioni disagiate che non gli impedirono di far emergere la sua grande vocazione artistica.
Il suo talento iniziò a manifestarsi, imitando di nascosto le persone attività che ebbe una fondamentale importanza nella caratterizzazione dei personaggi. Il percorso per diventare un attore famoso fu costellato da una serie di difficoltà economiche e personali che non gli impedirono di raggiungere il traguardo, seppur con tanta fatica e altrettanta determinazione.
Al di là di questo, non tutti però sono a conoscenza della sua passione per gli animali. Negli anni Sessanta l’attore decise di aprire un centro d’accoglienza per randagi all’avanguardia dell’epoca, dal nome “l’Ospizio dei trovatelli”. I quattro zampe privi di famiglie erano ben 250 e Totò decise volontariamente di acquistarlo rendendo la struttura molto attrezzata dal punto di vista del sistema ambulatorio, sanitario, delle cucce e delle cucine. Il suo amore non poteva non condurlo a prendere un cane, tutto per sé. Scelse Dik, un tenero barboncino di cui per molti giorni si persero le tracce. Quando venne ritrovato, l’attore scoppiò in lacrime abbracciandolo teneramente. La gioia di quel momento però, fu interrotta dalle gravi condizioni nelle quali versava l’animale che lo costrinse a portarlo d’urgenza dal veterinario. Il quattro zampe perse l’uso delle zampe anteriori e l’attore fece realizzare una delle prime protesi a rotelle. Il profondo legame tra Totò e Dik, trovò spazio in un componimento, scritto in dialetto napoletano.
Dik
Tengo ‘nu cane ch’è fenomenale,
se chiama “Dick”, ‘o voglio bene assaie.
Si perdere l’avesse? Nun sia maie!
Per me sarebbe un lutto nazionale.
Ll ‘aggio crisciuto comm’a ‘nu guaglione,
cu zucchero, biscotte e papparelle;
ll’aggio tirato su cu ‘e mmullechelle
e ll’aggio dato buona educazione.
Gnorsì, mo è gruosso.è quase giuvinotto.
Capisce tutto… Ile manca ‘a parola.
è cane ‘e razza, tene bbona scola,
è lupo alsaziano,è polizziotto.
Chello ca mo ve conto è molto bello.
In casa ha stabilito ‘a gerarchia.
Vo’ bene ‘ a mamma ch’è ‘a signora mia,
e a figliemo isso ‘o tratta da fratello.
‘E me se penza ca lle songo ‘o pate:
si ‘o guardo dinto a ll’uocchiemme capisce,
appizza ‘e rrecchie, corre, m’ubbidisce,
e pe’ fa’ ‘e pressa torna senza fiato.
Ogn’anno, ‘int’a ll’estate, va in amore,
s’appecundrisce e mette ‘o musso sotto.
St’anno s’è ‘nnammurato ‘e na basotta
ca nun ne vo’ sapè: nun è in calore.
Povero Dick, soffre ‘e che manera!
Porta pur’isso mpietto stu dulore:
è cane, si … . ma tene pure ‘o core
e ‘o sango dinto ‘e vvene… vo ‘a mugliera…
D’impronta nettamente diversa, la poesia del letterato Luigi Bartolini (1892-1963) scrittore, pittore e poeta italiano. Un personaggio eclettico che sapeva fondere nella sua professione due ambiti differenti ma accomunati dal medesimo spirito con cui era solito dedicarsi. Tra i maggiori incisori italiani del Novecento si formò all’Accademia di Roma, dando vita ad una tradizione naturalista tipica dell’Ottocento. Accanto all’arte, predilesse dedicarsi alla letteratura, rendendosi autore di oltre 70 libri pubblicati con le più famose case editrici. Vallecchi, Longanesi, Mondadori Editore. Tra le sue opere, non poteva mancare un contributo verso la figura del cane, raffigurato nelle sue attività quotidiane: scavare le buche, inseguire le lucertole e trovare animali.
Il cane Liebe
Durante la strada si divertì
quanto noi, come noi, il cane Liebe,
corse dietro a ramarri, a lucertole
e, pei nascosti fra crepe del solleone,
ruspò la terra, squassò le buche;
poi ritrovò una gazza morta dove era
un groviglio di rami, soto una quercia;
e andò dilindoleggiandola per istrada
dinanzi a noi che, a testa china,
seguivamo i nostri pensieri.
Tratto da “Poesie 1911-1963”
Narrazioni sentimentali
Dalla descrizione delle gesta abitudinarie si passa alla raffigurazione metaforica dei valori sentimentali che i cani sono in grado si trasmettere. Paolo Buzzi (1874-1976) fu capace di realizzare tutto questo, in pochi e veritieri versi. Poeta, scrittore italiano di impronta futurista si laureò in Legge per poi occuparsi dei problemi sociali del momento, collaborando presso l’Amministrazione provinciale di Milano. Fu tra i primi a firmare il Manifesto del movimento futurista pubblicando una serie di poesie dedicate al tema citato insieme ad un romanzo dedicato ai contenuti fantascientifici. Nel suo componimento, riservato al cane, si sofferma in primo luogo sulla bontà che è in grado di provare. Quest’ultima la descrive come una qualità perduta negli esseri umani, insieme alla fedeltà che prevale sulla falsità degli amici. Infine, un accenno alla morbidezza del loro manto e della sensazione che trasmette una semplice carezza.
Carezza al cane
Cane, bontà degli uomini perduta,
o fedeltà di tanti falsi amici,
il mio cuore ti pensa e ti saluta!
Questa vita di tedï e malefici
te la dirò dentr’un’orecchia, o cane,
che i miei segreti ascolti e non li dici.
Le pupille tue fonde e più che umane,
san la mia dolce illusïon caduta.
E la tua testa è calda come un pane…
Da “Bel canto”
Il medesimo riferimento, letto in una chiave più pragmatica viene compiuto da Sandro Penna (1906-1977) che esprime l’amore per l’animale soffermandosi su un gesto in particolare, messo in atto di frequente, ossia quello del leccare la mano del padrone. Un modo che il quattro zampe adopera per esternare i sentimenti di benevolenza verso il suo padrone. La poetica di Penna di distinse per utilizzare un linguaggio lontano dalla sua epoca che mette in risalto il rapporto con la tradizione, un linguaggio chiaro e una rappresentazione della realtà in maniera descrittiva e narrativa. In soli quattro versi infatti, raggruppa una delle attività più frequenti dell’animale che di notte lo sente abbaiare da lontano mentre di giorno rivolge il suo affetto nei confronti del padrone.
Oh nella notte il cane
Oh nella notte il cane
che abbaia di lontano.
Di giorno è solo il cane
che ti lecca la mano.
Da “Poesie”
L’espressione massima della poesia italiana si trova anche nel testo di Alda Merini (1931-2009) dedicato proprio al cane che viene raffigurato come un’anima intenta a conferirle una sensazione di sicurezza e conforto. Pochi versi, che racchiudono in poche parole una delle qualità principali dell’amico peloso ossia quella della fedeltà. Insieme ad essa, compare l’appello della poetessa a non abbandonarla, nel disperato bisogno di averlo sempre al suo fianco. La letterata ebbe un’infanzia contrassegnata dal difficile rapporto con la madre che si opponeva alla sua vocazione per la scrittura, seguita da un periodo altrettanto complicato a causa del suo disturbo bipolare. Nonostante le molte vicissitudini interiori ed esteriori, non ha mai smesso di scrivere e di gettare sul foglio tutte le sensazioni provate nel corso della sua esistenza. Una di esse, è stata quella dell’affetto verso gli animali, ma in modo specifico verso il cane che descrive così:
Anima che accarezzo a sera, e sei un cane
stanco, ma un cane sempre fedele. Un cane
che balbetta un nome: padrone, padrone mio.
Non lasciarmi anima cane, non lasciarmi mai.
Una serie di testi dai quali trapela l’immenso amore riservato ai nostri fedeli Fido, che è stato capace di conquistare anche le persone di maggiore spicco del panorama artistico italiano. Un amore senza distinzioni di classi sociali o confini territoriali che resterà indelebile tra le pagine di un libro.
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Benedicta Felice