L’area di Chernobyl è stata devastata da una catastrofe nucleare nel lontano 1986, ma oggi, dopo 35 anni, alcuni cani randagi vagano ancora tra le rovine. Un nuovo importante studio ha valutato il loro benessere e la loro salute, cercando di capire come riescano a sopravvivere in un ambiente così ostile.
Il team di ricerca ha individuato e studiato fino a 361 cani randagi nell’area di Chernobyl, prelevando campioni di sangue, peli e feci per valutare la loro salute e il loro stato nutrizionale. In generale, quel che sono riusciti a scoprire grazie ai risultati dello studio, è che i cani che vivono nella zona di esclusione di Chernobyl sono generalmente in buona salute e ben nutriti, nonostante le condizioni a dir poco difficili.
In particolare, i ricercatori hanno osservato che i cani avevano livelli elevati di ceramidi, (una presente nella pelle che aiuta a trattenere l’acqua ea prevenire la disidratazione). Ciò suggerisce dunque, che i cani di Chernobyl hanno sviluppato una sorta di adattamento alla siccità e alla mancanza di acqua potabile nella zona di esclusione.
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I cani randagi di Chernobyl sembrano avere una maggiore resistenza alle infezioni batteriche rispetto ai cani domestici, forse, proprio a causa della loro esposizione costante a microbi e agenti pericolosi nel loro ambiente.
Gli studiosi hanno anche scoperto che i cani randagi di Chernobyl sono particolarmente attenti alla presenza umana e sembrano avere una certa affinità con le persone. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che molte persone visitano la zona di esclusione di Chernobyl come turisti o lavoratori, interagendo quindi con i cani randagi.
Molti cani randagi in tutto il mondo vivono in condizioni di estrema povertà e spesso affrontano problemi di salute e malnutrizione. Tuttavia, lo studio di Chernobyl dimostra che questi cani sono molto resilienti e capaci di adattarsi a condizioni difficili, sopravvivendo in modo sano e sostenibile. Inoltre, gli autori dello studio ritengono che questi cani possano rappresentare un importante esempio di adattamento alla vita in un ambiente contaminato da radiazioni.
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Probabilmente, in futuro potrebbero quindi approfondire il loro DNA e la loro fisiologia per capire meglio come sono riusciti e continuano a sopravvivere in queste condizioni.
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Irene Forte
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