E’ più facile vedere morire un animale, dopo atroci sofferenze e torture, piuttosto che ammettere il proprio fallimento. In occasione della Giornata mondiale dell’Aids è giusto ricordare quanti animali sono morti in nome del progresso della ricerca scientifica.
Un dibattito che sembra non aver mai fine, quello sulla sperimentazione animale e che qualche anno fa, in Italia, in occasione della discussione sul decreto delegato del Governo relativo al recepimento della direttiva europea che “disciplina l’uso di animali a fini sperimentali”, sollevò numerose questioni, come ad esempio la ricerca per sconfiggere l’Aids condotta sugli animali.
Purtroppo, come denunciato dall’organizzazione “Novivisezione”, la maggior parte dei finanziamenti destinati alla ricerca di una cura per l’AIDS finiscono in progetti di sperimentazione su animali. Tuttavia, molti ricercatori hanno espresso dei dubbi in merito, evidenziando l’inutilità di tale sperimentazione, in quanto gli animali non si ammalano di AIDS in natura per cui la simulazione in laboratorio non avrebbe risultati certi.
Solo gli scimpanzé possono essere utilizzati per la ricerca sull’Aids
Secondo quanto rivelato, le scimmie, nello specifico gli scimpanzé sono gli unici animali che hanno un sistema immunitario che può essere infettato dal virus dell’Hiv. Tuttavia, denuncia Novivisezione “su circa cento scimpanzé infettati con l’HIV-1, nel corso di un decennio, soltanto due si sono ammalati”. Solo raramente sviluppano la patologia e possono ammalarsi dopo un lungo periodo. Purtroppo ci si dimentica che si tratta di una specie protetta. Eppure, gli scimpanzé vengono utilizzati per studiare dei vaccini anche se i risultati non son oaffidabili.
Alcuni ricercatori, tra i quali James Scott e Neil Almond, hanno affermato che “studi di vaccini condotti su scimpanzé’possono risultare totalmente inapplicabili negli umani”.
Le scimmie hanno un altro tipo di virus da immunodeficienza chiamato Siv e che alcuni ricercatori hanno cercato di studiare per combattere l’Aids. Ma anche in quel caso, si è rivelato essere un percorso del tutto inutile in quanto ha dei meccanismi diversi ed è meno aggressivo rispetto all’Aids umano. Anche nei gatti e nei topi ci sono determinati virus d’immunodeficienza come la Fiv felina. Tutavia, anche in questi casi, lo studio condotto in laboratorio non ha rivelato progressi ai fini dell’Aids.
In un articolo, l’associazione francese animaldestiny ha ricordato come ogni anno 10mila scimmie di ogni specie sono utilizzate nei laboratori di ricerca in Europa, dei quali 3500 in Francia. Purtroppo, il geni degli scimpanzé sono simili al 98,76%, a quelli umani. Per questo vengono utilizzati per la sperimentazione di malattie come l’Alzheimer o il Parkinson. Nonostante siano immuni all’Aids, epatiti B o malaria, vengono comunque testati.
Di parere del tutto opposto, quello espresso da Fernando Aiuti, professore Emerito di Immunologia Clinica e Malattie Infettive all’Università La Sapienza di Roma, indifesa della sperimentazione in Italia, nel 2014. Aiuti, come riportato da un articolo del FattoQuotidiano aveva sostenuto che “le scimmie hanno il sistema immunitario per il 98% identico a quello umano. Per questo tutti i vaccini attualmente in uso sono stati sperimentati in questi animali prima dell’uomo, compresi i nuovi prototipi contro l’epatite C e l’Aids. Proprio per quanto riguarda questa patologia, da progressiva e mortale nel 100% dei casi negli Anni ‘80 e ‘90, oggi è diventata curabile con un miglioramento della qualità della vita e della durata della vita media di diversi decenni. E se oggi i farmaci hanno minori effetti collaterali nell’uomo, è proprio grazie alla sperimentazione animale”.
Il fallimento di un ramo della ricerca sull’Aids
Un’opinione che si oppone ai risultati emersi da autorevoli studi internazionali, per cui la stessa Peta nella sezione dedicata al tema della ricerca, nella parte per l’Aids, ha ricordato come fino a qualche anno fa, la ricerca si basava sull’iniezione del virus HIV negli scimpanzé. Gli esemplari erano chiusi in piccole stanze vetrate in isolamento vetro dove sviluppano patologie comportamenti legate allo stress che vanificava i risultati della ricerca. L’organizzazione internazionale ha poi riportato uno studio del 2006, nel quale veniva sottolineato come l’investimento nella prevenzione avrebbe dato maggiori risultati nel campo dell’Hiv, rispetto ai test condotti sugli animali. Eppure nonostante tutto gli Stati continuano ad investire nei laboratori. Infatti, come specificato da Peta il governo americano ha destinato solo il 4% nella prevenzione a fronte del 12% nella ricerca, inclusa quella sull’Aids e deficienza neurologica.
Novivisezione, nel suo approfondimento ha poi concluso come “ad oggi, le scoperte fondamentali sui meccanismi dell’AIDS e sulla sua terapia sono derivate esclusivamente da studi in vitro ed in vivo condotti su umani. Viceversa, gli animali infettati con vari virus di immunodeficienza non consentono affatto di riprodurre in maniera fedele la sindrome umana dell’AIDS”. Lo stesso, sottolinea Novivisezione, anche per i testi dei farmaci.
Le associazioni animaliste tacciono sulla sperimentazione animali per l’Aids
Quello che sconcerta è che in una giornata internazionale dedicata all’Aids, le associazioni animaliste non hanno riservato un tweet né tanto meno un commento al riguardo. Ricordare i migliaia di animali che hanno sofferto e che soffrono ancora nei laboratori, per ricerche sterili, dovrebbe essere in parte un dovere, soprattutto quando ancora oggi vengono condotti test sugli animali e i ricercatori affermano che sono stati registrati positivi i test sugli animali di un vaccino.
Infatti, è stato pubblicato uno studio sulla rivista Nature per cui le mucche potrebbero contribuire a sviluppare un vaccino. La ricerca è stata condotta dallo Scripps Research Institute statunitense che sottolinea come le mucche siano in grado di produrre “super anticorpi”, in quanto hanno un sistema immunitario più reattivo e veloce rispetto alle difese umane.
C.D.