Sono stati diffusi i dati relativi alla sperimentazione sugli animali nell’Unione Europea. 10 milioni di animali, tra i quali l’11% ogni anno, destinati a test dolorosi.
In soli due anni, nell’Unione Europea, ben 20 milioni di animali sono stati sottoposti a test nei laboratori di ricerca. I dati, relativi al biennio 2015-2017, pubblicati lo scorso 5 febbraio, sono stati diffusi nel rapporto della Commissione Europea, RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO sull’attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici negli Stati membri dell’Unione europea.
Emerge che ogni anno, 10 milioni di animali sono sottoposti a test nell’UE, tra i quali l’11% destinati a sperimentazioni molto dolorose. Oltre un milione di animali l’anno.
I dati relativi alla sperimentazione scientifica con l’utilizzo degli animali sono deludenti in linea con la direttiva europea del 2010 che mirava a ridurre i test sugli animali. “La direttiva Ue è un obbiettivo importante per ridurre l’utilizzo degli animali, sostituendoli con metodi alternativi. La ricerca, al contrario, sta continuando ad utilizzare gli animali senza seguire la direttiva UE, Dopo dieci anni, non ci sono risultati reali”, denunciano le associazioni.
Nella classifica, la Germania è il primo paese europeo ad aver utilizzato il maggior numero di animali nella ricerca, ben oltre 1,8 milioni di animali, seguita dalla Francia con circa 1,8 milioni di animali. In terza posizione la Spagna con 725.833 esperimenti sugli animali, in quarta posizione l’Italia con 569.177 test su animali e il Belgio in quinta posizione con 511.194 test.
L’elemento raccapricciante sono gli esperimenti dolorosi condotti principalmente nell’ambito di ricerche sul sistema nervoso, sistema immunitario e per l’oncologia. Al primo posto il Regno Unito seguito da Francia, Germania, Finlandia e il Belgio. Proprio il Belgio ha svelato che sono stati condotto nel paese 82.536 esperimenti nei quali gli animali sono stati sottoposti a una sofferenza “grave”, oltre il 16.5% dei test, quasi un quarto degli esperimenti. Tra questi, in Belgio, 1856 esperimenti sono stati condotti su cani.
Dalla relazione “nel 2017, il 51 % degli usi è stato giudicato di gravità “lieve” (fino a lieve compresa), il 32 % “moderata”, l’11 % “grave” e il 6 % “non risveglio10”. Il numero di procedure gravi è aumentato proporzionalmente tra il 2015 e il 2016, principalmente per via di un aumento degli usi a fini diagnostici. La percentuale di usi gravi è rimasta invariata tra il 2016 e il 2017“.
Non solo test a fini diagnostici ma anche a fini regolatori ovvero per il controllo qualità, prove di sicurezza di lotto e di attività per i quali sono stati usati 2,18 milioni.
“Il 52 % riguardava il controllo di qualità (comprese le prove di sicurezza di lotto e le prove di attività), il 39 % la tossicità e altre prove di sicurezza, comprese le prove farmacologiche, e la restante parte (9 %) riguardava altre prove di efficacia e tolleranza. Gli usi relativi al controllo di qualità erano 1,1 milione, la maggior parte dei quali era relativa a prove di attività di lotto (79 %)“, scrive la Commissione.
Una relazione degli orrori che cita il riutilizzo degli animali per “ridurre il numero totale di animali utilizzati nelle procedure svolgendo più di una procedura sullo stesso animale”.
“In cifre assolute, le principali specie riutilizzate a fini scientifici nel 2017 sono state topi, pecore, ratti, conigli, cavalli, asini e ibridi. In proporzione, i grandi mammiferi sono riutilizzati più spesso, ad esempio cavalli, asini e ibridi (82 %), pecore (71 %), gatti (44 %), cani (36 %) e macachi di Giava (28 %). Nel 2017 gran parte delle procedure di gravità effettiva cui sono stati sottoposti gli animali riutilizzati era lieve (74 %) o moderata (19 %); il non risveglio è stato
comunicato nel 6 % dei casi. Anche se prospetticamente classificata in una categoria di gravità inferiore, la procedura potrebbe risultare “grave” per un determinato animale a causa del verificarsi di eventi imprevisti. Solo lo 0,2 % è stato valutato grave“.
Dati amareggianti tanto più se si considera gli allevamenti degli animali destinati alla sperimentazione e le ricerche per la creazione di animali modificati geneticamente.
“Il numero di animali geneticamente modificati tra tutti gli animali usati a fini di ricerca è in lieve aumento. Tra il 2015 e il 2017 la percentuale di animali geneticamente modificati è aumentata dal 25 % al 27 %. Nel 2017 2,57 milioni dei 9,38 milioni di usi di animali riguardavano animali geneticamente modificati tra i quali i pesci zebra e i topi rappresentavano le specie geneticamente modificate più comuni con una percentuale di esemplari geneticamente modificati del 64 % e del 38 % rispettivamente“.
Dalla tabella, ben 12 milioni di animali sono stati soppressi a tale fine. Si parla della creazione di nuove linee modificate geneticamente per prendere più attendibili i risultati dei test da laboratorio per gli umani.
“Gli animali allevati ma non utilizzati nelle procedure comprendono tutti gli animali che per una ragione o per un’altra non sono stati utilizzati o non erano idonei per fini scientifici. Includono:
-gli animali allevati e soppressi con metodi umanitari per i loro organi e tessuti, ad esempio per essere utilizzati in metodi alternativi (basati su tessuti animali);
– molti animali da riproduzione giunti al termine della loro vita riproduttiva;
-gli animali destinati a essere utilizzati ma che, ad esempio, erano malati e sono stati soppressi con metodi umanitari prima di essere utilizzati.
– Talvolta, gli animali potrebbero dover essere soppressi per motivi di benessere e al fine di tutelare la salute e l’integrità scientifica della colonia”, sottolinea la Commissione Europea.
Consulta il rapporto–>
Rapporto finale–> Relazione 2019 sulle statistiche relative all’uso di animali a fini scientifici negli Stati membri dell’Unione europea nel periodo 2015-2017
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C.D.
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