L’Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali) prende parola sulla delicata questione delle “torture da secchiello” nei confronti degli animali in spiaggia.
Il rispetto. Partiamo da questa parolina magica. Rispettare, al giorno d’oggi, è diventata una vera e propria fatica. O meglio. Pretendere un po’ di rispetto sembra equivalga ad una richiesta “d’oro”. L’osservanza verso i problemi o le esigenze degli altri sembra essere un esercizio davvero difficile da compiere. Eppure, in una società che “si rispetti”, un aspetto del genere doverebbe essere alla base della stessa società.
Rispetto verso una donna, verso un uomo, verso un progetto altrui, verso un animale. Concentriamoci sugli animali e sul periodo estivo. Quando i bambini vengono, giustamente, lasciati giocare sulle varie spiagge della penisola italiana. Un “giustamente”, però, che contempla la parolina magica usata poc’anzi: rispetto. Non sempre purtroppo è così, soprattutto quando s’incontrano degli “animali da spiaggia” e si applicano a loro delle vere e proprie “torture”. Le cosiddette “torture da secchiello”. A detta di ciò è intervenuta l’Enpa, l‘Ente Nazionale per la Protezione degli Animali.
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Basta con le “torture da secchiello” per gli animali da spiaggia, l’Enpa si scaglia contro gli irrispettosi
Catturare con dei secchielli granchi, pesci, meduse e stelle marine non è affatto un gioco. Ce la prendiamo spesso con i bambini, ma i primi a cui rivolgere l’attenzione sono i genitori. Vicino la parola rispetto se ne aggiunge un’altra: educazione. Educare i propri figli a rispettare l’ambiente circostante con animali annessi. Sembra facile a dirsi, ma mettere “in pratica questa pratica” risulta, ancora oggi, un aspetto davvero difficile.
L’Enpa non ci sta e parla con “megafono alla mano”. In un comunicato la Onlus afferma che: “Anno dopo anno sembra che la ‘tortura nel secchiello’ sia una ‘tradizione’ irrinunciabile che anima le spiagge di tutta Italia”. Parla di “tradizione” l’Ente in questione. E non sbaglia affatto. Perché ogni anno sembra essere un rito a cui non dover mancare.
Non è così e non lo dovrà essere mai più. L’Enpa mette in guardia tutti quanti ricordando che “torturare” un animale da spiaggia pensando di “poterci giocare” è vietato non solo da il “buon costume”, ma anche dal Codice Penale secondo l’Articolo 544 bis e ter. Insomma, uomo avvisato mezzo salvato.
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Prendere un animale da spiaggia come un granchio o una medusa o altri ancora, metterlo dentro il secchiello e giocarci per poi ributtarlo in mare equivale ad ucciderlo. Infatti, nel famoso secchiello, l’acqua calda può raggiungere anche una temperatura di quaranta gradi che tradotta in termini crudi ma chiari vuol dire: morte sicura dell’animale in questione.
Rispetto ed educazione: due atteggiamenti che non devono mai mancare se si vuole davvero fare un passo avanti come intera società e non continuare a “giocare” con la vita di chi non giocherebbe con la nostra.