Elefante incinta morta dopo aver ingerito un ananas riempito di petardi
Indignazione e orrore in India, dove nel parco nazionale della Silent Valley, in Kerala un elefante è morto per atroci sofferenze, dopo aver ingerito un ananas riempito di petardi.
L’animale è stato ritrovato quando era ormai prossimo alla morte dai ranger- i guardia forestali del parco- intervenuti sul posto dopo diverse segnalazioni di alcuni residenti che avevano visto vagare il povero animale per la riserva in condizioni disperate, senza potersi alimentare.
Purtroppo, l’ordigno aveva provoca delle profonde ferite alla mascella inferiore. L’elefantessa aveva vagato per almeno cinque o 10 chilometri in cerca di cibo per poi immergere la testa nel fiume locale Velliyar per lenire il dolore della ferita. I guardia forestali hanno portato due elefanti in cattività per aiutare l’elefantessa ad uscire dal fiume ma l’esemplare non si muoveva. Era morta in piedi, riflettendo la violenza subita sullo specchio d’acqua, che aveva preso il colore del sangue.
“Non ha fatto male a nessuno anche quando correva, in preda a un dolore atroce, nelle strade del villaggio“, ha scritto Mohan Krishnan, il ranger che ha ritrovato l’elefante collassato dal dolore, condividendo un post su facebook, per denunciare l’atrocità.
Sul caso stanno indagando le autorità del posto per capire se l’elefante sia stato vittima di un avvelenamento intenzionale oppure se, come ha riferito il Dipartimento forestale del Kerala, abbia mangiato l’ordigno, usato dai bracconieri per cacciare i cinghiali.
Il corpo dell’animale è stato caricato in un camion per poi essere cremato ricevendo l’addio ufficiale del parco naturale.
A questo aspetto crudele si aggiunge il fatto che l’elefante era in gravidanza e avrebbe partorito tra 18 mesi. “Si fidava di tutti. Quando l’ananas che ha mangiato è esploso, doveva essere terrorizzata, non per sé ma per il suo piccolo che avrebbe partorito tra 18 o 20 mesi”, aggiunge il ranger Krishnan che ha tentato di salvarla.
L’elefante del Kerala è una delle tre sottospecie di elefante asiatico, inserito nelle specie in via d’estinzione dell’Unione internazionale per la conservazione della natura. Ad oggi, vi sarebbero solo circa 20 mila esemplari in libertà.
La consapevolezza dell’atrocità subita ha commosso milioni di persone in tutto il mondo. Immediata la condanna in rete. Numerosi artisti hanno voluto testimoniare la loro vicinanza all’elefante, denunciando con le loro opere tutta la vicenda, il paradosso di un sistema incapace di proteggere questi animali. Numerosi disegni, illustrazioni e vignette con le quali è stata espressa l’indignazione.
In diversi disegni è stato messo in evidenza il fatto che l’elefantessa era incinta, immaginandola con il suo cucciolo in un luogo migliore. Ritorna l’ormai slogan “there are no humans here” (Non ci sono umani qui) per ricordare che l’animale più pericoloso, deleterio e crudele sia proprio l’uomo.
Purtroppo, la riduzione dell’habitat e il bracconaggio, legato al traffico illegale delle zanne, il turismo della caccia grossa che conta su un giro d’affari milionario colpisce la specie in diversi continenti. Anche durante il periodo del lockdown, con il blocco del traffico aereo e del turismo, è proseguita la strage degli elefanti in Africa. I bracconieri non si fermano davanti a niente, né di fronte ai cuccioli né a esemplari in gravidanza. Un mondo spietato dove gli stessi governi e le autorità sono collusi e contribuiscono a perpetrare questo scempio e sono complici di queste atrocità e massacri. Ogni anno si contano dai 30 ai 50 mila elefanti uccisi. Le organizzazioni internazionali che operano sul posto, raccolgono cuccioli rimasti feriti, che vengono curati e reinseriti nelle riserva nella speranza di preservare la specie.
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C.D.
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