Donne a cavallo: l’amazzone e la sensibilità femminile
Un mito antico di donne guerriere a cavallo. L’amazzone è diventato simbolo dell’eleganza e della delicatezza della donna a cavallo. Un tipo di monta che viene perpetrata all’insegna della tradizione nata nel XIV secolo e perfezionata da Caterina de Medici e nell’Ottocento. Il rapporto della donna con il cavallo è un mondo sensibile di amore, pazienza e comprensione.
L’amazzone è una figura tra il mito e la realtà. Il mito greco di donne guerriere a cavallo che risale al V secolo A.C. Anche nella mitologia celta appare una figura femminile che cavalca cavalli alati: la valchiria. Tuttavia, questa figura femminile in realtà aveva il ruolo di scegliere i guerrieri caduti in battaglia e pertanto pare che cavalcasse non i cavalli bensì i lupi vicino ai cadaveri sul luogo della battaglia.
Secondo alcuni studi, l’amazzone, la donna guerriera a cavallo sarebbe riconducibile a una popolazione nomade scite e sauromate che vivevano ai bordi del mar Nero. Una studiosa Jeannine Davis-Kimbal ha condotto degli scavi archeologici tra Russia e Kazakhstan, dove sono emerse delle tombe del VI-II secolo a. C. di donne guerriere, nubili sepolte con degli archi simili al mito greco. L’etimologia potrebbe derivare dal termine proto-indoeuropeo che significa “quella senza marito” e dal termine iraniano “mazan”, le “guerriere” o dal persiano che significa “popolo delle steppe”.
Nel mito greco l’amazzone montava a pelo, priva del seno destro per migliorare la precisione dell’arco.
La figura dell’amazzone nel tempo è diventato un mito sempre più forte attualizzandosi nell’immagine di una donna indipendente dal maschile.
La monta all’amazzone è stata definita nell’800, identificandosi anche un tipo di abbigliamento adatto a questa pratica. La monta amazzone è il modo di cavalcare per cui la donna si posiziona su una sella specifica con le due gambe e da una parte differisce dalla monta delle donne guerriere che cavalcano in arcione a pelo sul cavallo con le gambe divaricate sulla sella. La monta all’amazzone probabilmente deriva da una mentalità dell’epoca. Ha infatti origine nel XIII secolo in Italia alla Corte di Mantova, durante le nozze sfarzose per il matrimonio di Ludovico I (Luigi) Gonzaga con Caterina Malatesta o per il “Grand Tournoi” nel corso del suo secondo matrimonio con Francesca Malaspina del 1340.
Sella amazzone
La sella chiamata sambue deriva dal basto da soma che poggiava parallelo alla spina dorsale del cavallo, sul quale è stato collocato un seggiolino imbottito, ricoperto di stoffe preziose. Su un lato vi era un predellino sul quale la donna appoggiava i suoi piedi.
Una sella scomoda che veniva usata soprattutto per le parate. Infatti, fu poi Caterina de’ Medici, sposa di Enrico di Valois a voler modificare la sella per seguire il re durante la caccia. Caterina de Medici fece modificare la sambue, oltre al pomello alto a destra per l’appoggio e una gobba al centro del sedile introdusse una fourche o corno, per non scivolare e sostituendo il predellino con una staffa pantofola. In questo modo garantiva una rotazione portando la gamba destra in asse con l’incollatura, di conseguenza le spalle più perpendicolari alla colonna del cavallo.
Il ruolo della donna a cavallo era anche un ruolo sociale e politico che fino all’epoca era solo riservato all’uomo. Nell’Ottocento, la sella amazzone ebbe un’ulteriore evoluzione con l’introduzione di un secondo corno che permetteva di tenere la gamba destra tra le due “corna”, mentre la gamba sinistra rimaneva in appoggio sulla staffa tradizionale. Il cosiddetto “corno da salto”, si sviluppò poi nell’Ottocento. Anche il costume della donna in monta amazzone si evolse fino a coprire totalmente i piedi della donna, generando controverse tra la monta francese e inglese. Nei primi del Novecento, la stessa tecnica di monta amazzone si era sviluppata fino ad arrivare ad alcune donne come Esther Stace che sul suo cavallo Emu Plains, nell’ambito della competizione Sydney Royal Easter Show d’Australia raggiunse 1,981 metri nel salto in altezza.
Negli anni ’20 del Novecento furono promossi i campionati di monta amazzone. Questo tipo di monta fu poi in parte abbandonata e la donna ricominciò a montare con le gambe divaricate. E’ rimasta una tradizione soprattutto nei paesi anglosassoni come espressione dell’eleganza e raffinatezza della donna.
La relazione tra la donna e il cavallo è piuttosto recente, nonostante casi sporadici e miti nella storia. Le donne erano escluse dagli sport olimpici e da quello che erano discipline destinate all’addestramento del cavallo nella guerra. Oltre alla differenza nella conformazione fisica e nel ruolo sociale che ha sempre condizionato la donna, la stessa relazione con il cavallo differisce tra uomo e donna.
Il maschio è più competitivo nello sport e nel rapporto con l’animale. Le donne prediligono l’intesa affettiva e l’aspetto educativo. A differenza dell’uomo, una donna tende a influenzare il cavallo e non a dominarlo.
C.D.
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