L’emergenza ‘bocconi avvelenati’ preoccupa anche l’area del Gran Sasso, dove sta prendendo piede il progetto di conservazione della specie dei lupi, riducendo l’impatto del randagismo canino. Qui opera Dacia, una border collie dolcissima, sempre pronta a correre per andare alla ricerca delle trappole a base di stricnina, insetticidi, ratticidi, antilumaca che la crudeltà dell’uomo è in grado di immaginare e mettere in pratica, affiancandole ad altre piene di chiodi, spilli, ancorette da pesca, spugne fritte nell’olio.
Quelle trappole vengono realizzate da alcuni allevatori per uccidere lupi o volpi, o dai cercatori di tartufi per eliminare i cani dei rivali. Spesso però ci incappano anche altri animali domestici che passeggiano coi loro padroni e si lasciano attrarre da quel boccone abbandonato.
Giulio Petronio è uno dei quindici allevatori del Consorzio del Canestrato di Castel del Monte, un delizioso formaggio locale prodotto di eccellenza della zona. “Ho duemila pecore e negli ultimi due anni non ho mai sporto denuncia per pecore morte o smarrite”, ha raccontato, aggiungendo: “Mi affido alla mia ‘arma bianca’, il maremmano abruzzese da sempre abituato a vivere in questi luoghi, e ai miei pastori”.
“Ne ho cinque, uno ogni 400 pecore, arrivano dalla Macedonia e dall’Albania, ma sempre di più anche dalla Romania” – dice Giulio Petronio – “Ho avuto un solo pastore italiano in vita mia, ma ora i giovani italiani si stanno ritagliando un posto importante in questo settore come produttori, 6 su 15 sono giovanissimi”.
Ma nel Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, in Abruzzo, insieme ai colleghi Karma e Naja, due pastori belgi marinois, c’è anche Dacia: lei e i suoi compagni partono per bonificare la zona, con il loro addestratore, Alberto Angelini, non appena viene lanciato da qualcuno l’allarme ‘bocconi avvelenati’. Il fiuto dei cani non ha lunghissima durata, quindi il trio lavora con turni di un’ora a rotazione: individuato il pericolo, il cane ci si siede sopra.
Il Parco del Gran Sasso è stato il primo in Italia ad istituire un nucleo di cani anti-veleno, nel 2010. Da quel momento, grazie ai fondi Ue e all’impegno della Forestale quel numero è cresciuto e oggi sono 22 gli animali addestrati, suddivisi in 13 nuclei. Di uno di questi fanno parte Dacia, Karma e Naja. Loro, come i cani di Amatrice e Rigopiano, lavorano fianco a fianco con i Carabinieri e salvano molte vite.
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