Una gara che si svolge ogni anno nel mese di marzo in Alaska durante la quale i cani devono percorrere una media di 150 chilometri al giorno. La nota corsa con la slitta Iditarod espone i cani a condizioni estreme e provoca in molti casi grossi problemi agli esemplari. Non a caso, le organizzazioni animaliste, promuovono campagne per vietare la gara, ricordando le ripercussioni sui cani partecipanti.
La gara torna sotto ai riflettori dopo la denuncia di Peta che a fine ottobre ha diramato le immagini di un’inchiesta condotta in uno dei più importanti allevamenti di cani da slitta: quello di Dallas Seavey, quattro volte campione della competizione Iditarod e recentemente implicato in uno scandalo di doping dei cani. La stessa Peta ha invitato l’organizzazione della Idatrod ad effettuare delle verifiche e a squalificare il campione mondiale, sottolineando che nella gare del 2017, sono stati registrati diversi casi di doping di cani.
Nell’allevamento di Seavey sono stati trovati decine di cani da slitta legati a catena a delle cucce collocate all’aperto, senza riparo dalle intemperie, in mezzo alla neve e al ghiaccio. Un testimone ha scattato delle fotografie di nascosto, mostrando sette cuccioli nati morti senza che vi sia stato l’intervento di un veterinario. Il testimone ha raccontato di aver visto numerosi cani malati, con ferite evidenti e diverse patologie come la diarrea sanguinosa.
Peta ha diffuso anche il video di un cane di nome Gott, al quale è stato amputato un arto dopo essere stato colpito da un coagulo durante una corsa con la slitta. L’organizzazione internazionale a pertanto presentato una denuncia alle autorità sulle condizioni di maltrattamento in cui sono detenuti i cani nell’allevamento del pluricampione.
Una vicenda sulla quale stanno ora indagando le forze dell’ordine e secondo quanto comunicato da Peta, sarebbe stato effettuato un controllo nell’allevamento di Seavey. Purtroppo, sottolinea Peta, si tratta di un fenomeno piuttosto diffuso nell’ambito di chi partecipa alla Iditarod. Una gare che mette alla dura prova gli animali che spesso, solo dopo la competizione e a distanza anche di diverse settimane sono colpiti da patologie gravi, scaturite dalle condizioni estreme nelle quali sono costretti a partecipare.
Ecco perché Peta, in una nota, chiede che sia vietata la competizione.
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