Uno zoo in Svezia ha ammesso nelle scorse ore che cuccioli di leone nati sani sono stati eutanizzati perché non potevano più tenerli. La notizia ha suscitato particolare indignazione e molte sono state le reazioni. Helena Pederson, ricercatrice in studi sugli animali presso l’Università di Göteborg, ha detto a SVT che l’eutanasia degli animali nei giardini zoologici ha sollevato la questione se tali istituzioni dovrebbero essere aperte. “Penso che dobbiamo riflettere sul motivo per cui è importante per noi avere zoo e se vale il prezzo che gli animali pagano per questo”, ha sottolineato.
Ma cosa è accaduto? Il Boras Djurpark, un parco zoologico a circa 25 miglia da Göteborg, ha ammesso di aver ucciso nove cuccioli di leone nati sani dal 2012 a oggi. Bo Kjellson, amministratore delegato del parco, ha detto che gli animali sani a volte dovevano essere sottoposti a eutanasia. Infatti, respinti dal branco di leoni, non riuscivano a essere inseriti altrove. L’eutanasia veniva praticata nel giro di due anni, ha spiegato alla tv svedese l’amministratore delegato.
Non è certo la prima volta che il trattamento di animali all’interno degli zoo finisce al centro delle polemiche. Stavolta, però, il fatto che sia accaduto nel cuore del Vecchio Continente ha suscitato ulteriore indignazione. Anche se gli esperti sostengono che dietro quello che è accaduto non ci sarebbe nulla di strano.
Interpellato da ‘Vanity Fair’, Enrico Alleva, etologo dell’Accademia dei Lincei, chiarisce la questione: “Quando nascono i cuccioli in uno zoo o in un bioparco aumentato gli ingressi. Per questo si fanno riprodurre gli animali. Poi, però, spesso non c’è spazio per tutti i nati. Una delle soluzioni che adottano è di eliminarli”. Ovviamente non è la sola strada: “Li possono vendere o scambiarli con animali di altri zoo, ma non è raro che siano soppressi”.
Alleva ha però dalla sua un’esperienza maturata quando Francesco Rutelli era sindaco di Roma e lui era membro del comitato scientifico del Bioparco di Roma: “Cercavamo di non far nasce cuccioli, usando sistemi anticoncezionali per le femmine, perché il numero di animali in un bioparco ben gestito è proporzionale allo spazio a disposizione”. Insomma, l’obiettivo è quello di superare il vecchio concetto di giardino zoologico, per poi evitare di arrivare a misure drastiche come la soppressione: “Negli zoo spesso si vuole avere un numero elevato di specie senza preoccuparsi delle reali condizioni in cui gli animali vivono”.
Nel bioparco, le specie sono invece limitate, quindi a questo si deve tendere. In ogni caso, Alleva risponde a una domanda finale: “Servono ancora gli zoo?”. L’etologo ha le idee chiare anche su questo: “Se non altro come riserva dove tenere specie in via di estinzione potrebbe avere un valore naturalistico. Per il resto dipende dalla qualità di cultura che riesce a fare attorno a sé. All’acquario di Seattle, per esempio, ci sono animali feriti che non riuscirebbero a vivere in natura. In Europa non ci sono più zoo che vanno a caccia di animali. Ci sono direttive europee anche se non tutte sono ancora pienamente applicate nel nostro Paese”.
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