Niente riconoscimento come patrimonio dell’umanità nei confronti della corrida: sembra essere una vittoria, ma non lo è affatto. Risvolti ambigui nella decisione.
Alcuni cambiamenti, a livello planetario, possono portare a dei risvolti davvero grandiosi. Mai come in questo anno abbiamo visto, con l’avvento del coronavirus, quanti aspetti della nostra società devono essere cambiati al più presto. Non perché siano sbagliato. O meglio: c’è di mezzo anche l’errore, ma soprattutto una mancata sensibilità nei confronti degli stessi aspetti che abbiamo poc’anzi citato.
Sicuramente, uno degli aspetti che abbiamo a cuore, soprattutto in queste “pagine”, è quello che ruota attorno al mondo animale. Abbiamo visto, sempre in questo anno anno, come alcune specie non sono protette a dovere. Basta pensare alla vicenda dei tanti visoni uccisi in giro per l’Europa. Ma non solo i visoni. Ci sono alcuni scompartimenti o “divertimenti” societari dove gli animali vengono continuamente sfruttati, se non addirittura uccisi.
Uno di questi è la corrida. Una manifestazione, i più “rivoluzionari” la potrebbero definire tranquillamente con la parola abominio, che vede al centro dell’evento l’uccisione dei tori. Qualcosa che a oggi viene combattuto con tutte le forze e gli strumenti necessari affinché cessi di esistere. Nelle ultime ore è arrivata un’importante notizia che sembrava essere davvero ottima partendo dall’inizio, passando per il mezzo e finendo con una “dolce” conclusione. Qualcuno, però, ha storto il naso fin da subito.
Avete capito bene. Leggere che l’Unesco rifiuta la candidatura della corrida come patrimonio immateriale dell’umanità potrebbe essere interpretata, fin da subito, come una notizia più che positiva. In effetti lo è, perché le cose stanno davvero così. Ma solo per un “vizio di forma” che dobbiamo a tutti i costi descrivere nel minimo dettaglio.
L’Unesco ha rifiutato la candidatura della corrida come patrimonio immateriale dell’umanità soltanto perché la richiesta è arrivata tramite una lettera privata e anonima e non a carico di qualche ente che si rifacesse alla voce dello Stato. Avete capito proprio bene. Se un qualunque organo statale, ovviamente competente in materia (quale, potremmo chiederci, in relazione alla corrida), avesse mandato una candidatura per un posto del genere, da quanto ha fatto trapelare il Comitato Intergovernativo del Patrimonio Culturale Immateriale, magari l’avrebbero presa anche in considerazione.
Un no a metà. Più che altro un no spiegato male o che non ha voluto “trovare” altre spiegazioni. Questa, come si apprende da molti fonti animaliste e attivisti devoti alla causa animale, si può considerare una vittoria a metà, o meglio ancora: una vittoria rimandata. Perché da oggi in poi si apre un caso. E se uno Stato qualsiasi dovesse mandare tale candidatura? Può un ente, che si occupa di salvaguardare ed educare tramite le bellezze immateriali, prendere in considerazione la candidatura, pubblica, della corrida?
Non siamo qui a dire che lo farebbe, ma avremmo gradito una presa di posizione fin da subito, com’è giusto che, in tempi di cambiamento come questi, ci debba essere. In relazione alla notizia odierna si è espressa Marta Esteban, la presidente di Ltnec (La Tortura No Es Cultura): “Sarebbe incomprensibile che, ad esempio, mentre un organismo delle Nazioni Unite, come il Comitato sui diritti dell’infanzia esorta a proteggere i bambini dalla violenza della corrida, un altro, in questo caso l’Unesco, possa prendere in considerazione di farla diventare patrimonio immateriale dell’umanità, da trasmettere, magari, proprio ai bambini tramite filmati e foto. Bisogna avere il coraggio di parlare chiaro, soprattutto quando si aprono ‘casi’ come questo da pochi giorni accaduto”.
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