Buone notizie sul fronte della produzione collegata al consumo di carne in Asia, nello specifico in Corea del Sud, dove operano numerose organizzazioni non governative animaliste per vietare in alcuni paesi il consumo di carne di cane. Tra le varie associazioni internazionali, è presente la Humane Society International (HSI) protagonista in questi ultimi mesi di salvataggi di cani riscattati dagli allevamenti di carne, in ultimo, 200 cani tra i quali molti di razza come Husky siberiani, rottweiler, Tosa giaponesi o golden retriever riscattati dall’Gong In-Young, uno dei miglia in Corea del Sud e al quinto posto nel paese, alla cui chiusura ha contribuito la HSI.
Secondo gli attivisti animalisti, pare che in Corea del Sud gli allevamenti collegati alla produzione di carne di cane siano in crisi. Nel paese vengono consumati ben due milioni di cani all’anno che vengono allevamenti in modo crudele fin dalla nascita. Tuttavia, la nuova generazione di sudcoreani sembra sempre meno incline al consumo di carne di cane.
Secondo alcuni dati dell’istituto Gallup Korea, solo il 20% dei ventenni hanno mangiato carne di cane nel 2015, a differenza del 50% delle persone di un’età compresa tra i 50 e i 60 anni. Oggigiorno il cane viene molto più apprezzato come animale da compagnia e questo ha contribuito al calo di consumo della sua carne.
La HSI in questi anni ha fatto chiudere molte aziende, provvedendo a trasferire i cani nella maggior parte in Canada o negli Usa per farli adottare mentre il proprietario dell’azienda arriva a ricevere fino a 60mila dollari per chiudere l’attività, riconvertendola, magari nella produzione di mirtillo o altri tipi di colture locali. Un cane vale circa 200 dollari per cui un allevamento con 200 cani all’anno può arrivare fino a 40 mila dollari.
Parallelamente a questo, l’associazione avvia campagne di sensibilizzazione nel paese per aprire un dialogo con la popolazione. Ad esempio, in vista dei giochi olimpionici del 2018, il paese potrebbe sicuramente sentire delle pressioni e pertanto cercherà di evitare una pubblicità negativa collegata appunto al consumo della carne di cane.