Storica sentenza in Congo: un bracconiere responsabile dell’uccisione di 500 elefanti condannato alla pena massima.
Perché la lotta dell’umano sull’animale sia ancora in atto rimane un mistero. Attenzione: non stiamo qui a dire che il difendersi da un’aggressione, anche a costo di poter uccidere un animale, sia un gesto da condannare. Tutto ciò si chiama spirito di sopravvivenza e può entrare in gioco, casualmente, in qualunque momento della nostra vita. È la stessa e identica cosa che potrebbe fare l’animale: un fatto del tutto naturale, quando a scontrarsi sono due esseri viventi in pericolo.
Cosa ben diversa e altamente condannabile, sia moralmente che giuridicamente, è l’uccisione di grossi o piccoli esemplari del mondo animale solo per il mero gusto di farlo o per organizzare delle insensate idiozie come la caccia “per divertimento”. Uccidere un animale può rientrare in un divertimento dell’essere umano? Giustificando questi atti, senza nemmeno provare ad alzare un filino di voce, può essere davvero una cosa accettabile ai tempi d’oggi? Tutte domande che contemplano una risposta approfondita e ben pensata, che, alla fine, non dovrebbe lasciare scampo a tante interpretazioni se non ad una sola: chi uccide per divertimento deve essere curato perché sofferente di una patologia molto grave: l’ignoranza umana.
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La giornata di oggi, mercoledì 26 agosto, si era aperta con una bellissima ricorrenza: la Giornata mondiale del cane, un evento tanto atteso per diversi motivi. Un altro, di estrema importanza anche se di diverso calibro, è quello accaduto in Congo. Il bracconiere Mobanza Mobembo Gerard, noto come Guyvanho, è stato condannato a 30 anni di prigione per traffico di avorio e tentato omicidio ai danni di un ranger.
A parlare, immediatamente, è stata Wildlife Conservation Society (Wcs), che ha definito questa sentenza “una storica pietra nella lotta al bracconaggio”. Il criminale in questione (chiamarlo in altro modo non evidenzierebbe il giusto) ha guidato spedizioni di bracconaggio nel paese dell’Africa centrale che, dal 2008, potrebbero aver causato la morte di oltre 500 elefanti. Mentre le accuse sul tentato omicidio ai danni di un ranger, si rifanno allo scorso anno, quando nel 2019, il suo gruppo di bracconieri sparò e ferì dei membri di una pattuglia di ranger nel Parco nazionale di Nouabale-Ndoki.
La Wcs esulta, assieme a tutti gli amanti di questi splendidi animali. E ci tiene a precisare anche un altro aspetto, con le parole di Emma Stokes, direttrice regionale dell’associazione in questione. Quest’ultima, con fermezza e rigore, ha affermato che: “Questa storica condanna invia un messaggio estremamente forte: i crimini della fauna selvatica non saranno tollerati e saranno perseguiti ai massimi livelli”.
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