Lo hanno lasciato morite per strada indifferenti al suo dolore, al suo destino. Era solo un cucciolo, un gattino di pochi mesi al quale hanno sparato con un fucile ad aria compressa colpendolo sul muso e lasciandolo morire senza aiutarlo. Si chiamava Trissino e di lui si stava occupando una signora che lo ha notato bordo strada, correndo in suo aiuto. Purtroppo per Trissino era troppo tardi e la donna ha solo potuto segnalare il caso alle autorità. Sulla vicenda è intervenuta anche l’Enpa della Sezione di Vicenza che, in una nota, ha riferito che le forze dell’ordine stanno cercando il colpevole, sottolineando che il responsabile dell’uccisione del micio rischia il carcere in quanto l”uccisione di animali (art. 544 bis c.p.) è punita con la reclusione da 4 mesi a due anni, “per crudeltà o senza necessità cagiona la morte di un animale”.
Inizialmente, i volontari pensavano che il gatto fosse stato investito, ma dopo un accurato controllo hanno notato le ferite sul muso: una rosa di pallini letali.
Un gioco, un divertimento macabro, per sfida, per noia o semplice sadismo. Anche se è un luogo comune e molte persone giustificano queste azioni come “bravate”, si tratta di un gesto da condannare. Non ci sono giustificazioni dinanzi all’uccisione di un animale e per questo le guardie zoofile stanno ora cercando il colpevole. Perché azioni di questo tipo vanno giustamente denunciate e chi commette questi reati deve scontare la pena. Non si tratta di un gioco di ragazzini. Molte persone ricordano che “quando eravamo giovani ci divertivamo a sparare ai gatti o agli uccelli, a mettere i petardi alle lucertole o alle code dei gatti”. Si tratta di infliggere sofferenza e dolore ad un essere vivente: e si se trattasse di un bambino? Sarebbe il paragone più giusto: quello dell’innocenza di un bambino che è uguale a quella di un animale che si fida ciecamente di chi invece è armato di cattive intenzioni e profitta vigliaccamente di una situazione, di un essere indifeso. L’educazione passa proprio attraverso queste piccole sfumature e finché non ci sarà una coscienza collettiva evoluta nel senso di rispetto per la vita, la condanna resterà unanime.
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