Una scoperta che ha dell’incredibile da parte degli esperti: anche i coccodrilli, 250 milioni di anni fa, popolavano le Alpi
I coccodrilli vivevano sulle Alpi fino a 250 milioni di anni fa: a scoprirlo è stato un nuovo studio che ha individuato un nuovo tipo di impronta fossile. Il ritrovamento è avvenuto nell’alta val Maira in provincia di Cuneo. Si tratta di un antico rettile che è vissuto in quel periodo, del quale non si erano però mai trovate le tracce in Europa: insomma, si tratta di una scoperta che ha dell’incredibile e del sensazionale.
Il lavoro di ricerca è stato portato avanti dal Muse di Trento e dal Museo di Paleontologia dell’Università di Zurigo e delle Università di Torino, Roma Sapienza e Genova. Come si diceva, si è scoperta la presenza di grandi carnivori sulle nostre Alpi in un periodo preistorico: un lontano antenato dei moderni coccodrilli che predava i piccoli animali presenti nella zona.
Per capirne le dimensioni, basti pensare che l’impronta ritrovata dai paleontologi è lunga trenta centimetri: l’icnogenere Chirotherium, così è stato rinominato il fossile, è la traccia di un rettile lungo almeno quattro metri. Insomma, un vero e proprio gigante che abitava le nostre montagne che lascia intuire che, 250 milioni di anni fa, la fauna che popolava il nostro territorio era molto diversa da quella che vediamo oggi.
A proposito dell’animale preistorico, il paleontologo Edoardo Martinetto del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, primo scopritore delle nuove tracce, ha affermato: “Mi è venuto spontaneo rievocare subito l’immagine dell’animale che lasciò, inconsapevolmente, un segno duraturo nel fango morbido e bagnato, ma destinato a divenire roccia e innalzarsi per formare parte della solida ossatura delle Alpi“.
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Com’è possibile vedere dalle ricostruzioni, rispetto ai moderni coccodrilli la differenza più vistosa è nelle zampe: l’animale preistorico non strisciava il ventre a terra, a differenza del suo attuale discendente. La cosa più sensazionale, però, è il fatto che questa scoperta testimonia come i rettili di grandi dimensioni fossero presenti in un luogo e un tempo geologico considerato inospitale.
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“Le orme sono eccezionalmente preservate e con una morfologia talmente peculiare da averci consentito la definizione di una nuova icnospecie che abbiamo deciso di dedicare all’Altopiano della Gardetta” ha concluso Fabio Massimo Petti del Museo delle Scienze di Trento, esperto di orme fossili.
Matteo Simeone
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