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Centinaia di cuccioli lasciati affogare nel canile lager – VIDEO

(screenshot Youtube)

Va avanti il processo alla coppia di gestori, marito e moglie, del presunto canile lager sulla Cassia Sud. Centinaia gli abusi denunciati. In pratica, tra il 2009 e il 2011 sarebbero stati uccisi crudelmente tra i 1200 e i 1400 cuccioli. A far scoprire l’orrore due cingalesi, che ieri hanno raccontato in udienza: “Abbiamo girato un video in cui si vede infilare i cuccioli in un secchio pieno d’acqua, che all’inizio cercano di nuotare, poi vengono spinti sotto e muoiono”.

Sconcertante la loro testimonianza: “Ci dicevano di ammazzare i cuccioli, ma siamo buddisti e la nostra religione ce lo impedisce”. Una precedente udienza era stata sospesa per problemi di traduzione, ma alla ripresa del dibattimento i cingalesi hanno confermato i loro racconti. I cuccioli venivano affogati addirittura in secchi d’acqua, poi ‘smaltiti’ in sacchi di plastica e gettati via.

Della vicenda si occupa anche l’associazione Mare, Movimento antitraffico randagi in Europa e l’animalista ternana Sonia Desideri evidenzia: “La struttura era tra quelle prese di mira dai trafficanti. Fingono di adottare dei cuccioli, poi li portano all’estero e se ne perdono le tracce. Purtroppo in diversi paesi è possibile vendere animali a scopo di sperimentazione o per pratiche da noi illegali, come la concia delle pelli. Ci sono associazioni in Italia che incassano fra i 300 e i 400 euro, dai Comuni, per ogni bestiola che esce dal canile”.

Quindi ha insistito: “Il problema a monte, per il canile, era che i cani inviati dalla Asl non erano sterilizzati. I gestori hanno fatto tantissime sterilizzazioni a proprie spese.  Ma se le cagne erano incinte, per cui non si poteva, inviavano fax ai Comuni per comunicare che li avrebbero tenuti e poi li davano in adozione”. Ma per i gestori del canile il tutto sarebbe una montatura dei cingalesi, licenziati per assenteismo. Era stato anche assoldato un investigatore privato per seguirli: “Con l’occasione, ho scoperto che i cingalesi facevano continue assenze perché, in orario di lavoro, andavano a fare i giardinieri in una villa di viale Trieste”, ha detto l’investigatore.

Sentito come teste della difesa anche un allevatore di boxer, che ha avuto a che fare con il canile: “Non era loro interesse ammazzare i cuccioli, anche perché il mantenimento era a carico dei comuni, proprietari delle fattrici. Le femmine spesso arrivavano già incinte, perché la Asl non ce la fa a sterilizzare tutti i cani. A volte, invece, succedeva che femmine intere finissero coi maschi, perché non si possono tenere i maschi solo coi maschi, in quanto si ucciderebbero”.

I cuccioli lasciati affogare

Gravi precedenti recenti

Sono purtroppo diverse le notizie che riguardano strutture totalmente illegali e altre dove vengono commessi decine di abusi. Nel primo caso, avvenuto ad Arzignano, nel vicentino, i Forestali e i militari della locale stazione dei Carabinieri, coaudivati dalla Municipale,  sono entrati in un capannone di proprietà privata, constatando la presenza di 10 cani di razza Rottweiler, di cui un cucciolo, ed un cane di razza Labrador, tenuti in condizioni a dir poco pietose.

Dai riscontri delle forze di polizia, è risultato che i cani erano letteralmente prigionieri di un ambiente insalubre, costretti a stare in box di modeste dimensioni, che erano stati realizzati con rete elettrosaldata, stipati al buio tra i loro stessi escrementi. I militari dell’Arma, che hanno constatato anche la mancanza di cibo ed acqua, hanno proceduto all’immediato sequestro dei poveri animali.

Sconcertante il secondo caso, avvenuto nel canile di Pau, piccolo comune francese situato sui Pirenei, nella regione della Nuova Aquitania. Secondo quanto scrive la nota associazione animalista d’Oltralpe, 30 Millions d’Amis, nel rifugio ci sarebbero stati centinaia di morti sospette. Ovvero sarebbe stata applicata in modo abusivo l’eutanasia a centinaia di cani.

GM

Gabriele

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Gabriele

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