Una sentenza della III sezione penale della Cassazione, la n. 10009/17 del 1.03.2017, porta ad un precedente nell’ambito della tutela dei diritti degli animali e del reato di abbandono e maltrattamento, offrendo una lettura interpretativa non solo sulla sofferenza fisica ma anche quella psichica degli animali, riconoscendo di fatto la loro sensibilità interiore.
La Cassazione si è pronunciata sul caso di una donna, condannata nel 2015, per aver rinchiuso dei gatti selvatici in uno spazio ristretto, provocando in loro forte stress e fobie. La Corte ha ritenuto che è reato non solo l’abbandono di animali, ma anche la loro detenzione in modo incompatibile con la loro natura, tanto da arrecare loro “gravi sofferenze“, non solo fisiche ma anche psichiche.
Con questa sentenza la Cassazione introduce il concetto che per far scattare il reato di abbandono di animali “non è necessario che l’animale riporti una lesione all’integrità fisica, potendo la sofferenza consistere anche soltanto in meri patimenti, la cui inflizione sia non necessaria in rapporto alle esigenze della custodia e dell’allevamento dello stesso”.
Ovvero da oggi in poi anche la psiche degli animali, quelli di alcune specie e quelli domestivi, sarà evidentemente tutelata legalmente.
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