Una storia che si ripete e che giustamente provoca l’indignazione non solo della rete. Dopo il caso di Imola esploso la scorsa estate quando l’Assessore al bilancio della cittadina aveva affrontato la questione dei costi del canile, sostenendo che l’unica soluzione per gli esemplari in esubero fosse quella di sopprimerli (clicca qui) ecco che un consigliere comunale di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta, torna a parlare dell’eutanasia nei canili.
“Non mi sembra giusto che si spendano risorse pubbliche per mantenere i randagi in un canile. Io sono per la soppressione dei cani”, è quanto avrebbe sostenuto il consigliere, in una intervista, provocando immediatamente la condanna di molte associazioni animaliste che hanno espresso il loro “profondo sdegno e disapprovazione. Il sindaco non ascolti queste assurde proposte e continui con la politica lungimirante delle sterilizzazioni e del controllo demografico dei randagi”.
La polemica è rimbalzata ovviamente su Facebook, scatenando centinaia di critiche da parte dei cittadini alle quali si sono aggiunte le condanne della LAV Lega Anti Vivisezione, LIDA Lega Italiana Diritti dell’Animale, WWF Sicilia Centrale e numerosi gruppi spontanei come “In cerca di una casa, per sempre” e “Canuzzi, compagni di strada”.
Le associazioni hanno pertanto inviato un documento al sindaco di San Cataldo, Giampiero Modaffari, ed alla presidente del Consiglio Comunale, Roberta Naro nel quale hanno evidenziato che le “incredibili affermazioni” del consigliere, ricordando come a differenza di quanto è emerso, la Giunta si sia invece impegnata per contrastareil randagismo con metodi validi.
“Poiché conosciamo benissimo gli sforzi importanti e l’impegno lodevole della Giunta comunale di San Cataldo in tema di lotta al randagismo, che in poco tempo hanno posto il Comune in posizioni di primissimo piano a livello provinciale e non solo, in quanto finalmente sono state messe in atto le linee guida statali e regionali in materia, non sentiamo la preoccupazione che tale improvvida dichiarazione possa essere minimamente tenuta in considerazione”, viene scritto nel documento.
Le associazioni hanno inoltre ricordato che tali affermazioni sono in contrasto con le leggi dello Stato italiano in quanto la soluzione invocata dal consigliere è considerata un reato, punibile con la reclusione fino a due anni, secondo quanto recita l’art. 544bis del Codice penale (Titolo IX bis – “Dei delitti contro il sentimento per gli animali”)”.
Un’affermazione in controtendenza anche con i paesi dove viene applicata l’eutanasia ai cani come in Francia, dove i veterinari delle strutture pubbliche hanno sottoscritto nel 2013 una circolare con la quale vietano l’eutanasia ai cani nei canili (clicca qui) oppure negli Usa dove sono nate i rifugi “No kill”.
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